domenica 21 febbraio 2010

Lettera a Michele Santoro


Da il Fatto Quotidiano del 20 febbraio

Caro Michele,ho riflettuto su quanto è accaduto giovedì ad Annozero. E, siccome è accaduto davanti a 4 milioni di persone, te ne parlo in forma pubblica. Parto da una tua frase dell’altra sera: "Parliamo di fatti". Il punto è proprio questo. Si può ancora parlare di fatti in tv? Sì, a giudicare dagli splendidi servizi di Formigli, Bertazzoni e Bosetti. No, a giudicare dal cosiddetto dibattito in studio, che non è più (da un bel pezzo) un dibattito, ma una battaglia snervante e disperante fra chi tenta di raccontare, analizzare, commentare quel che accade e chi viene apposta per impedirci di farlo e costringerci a parlar d'altro.
La maledizione della par condicio, dovuta alla maledizione di Berlusconi, impone la presenza simmetrica di ospiti di destra e di sinistra. E, quando si tratta di politici, pazienza: la loro allergia ai fatti è talmente evidente che il loro gioco lo capiscono tutti.Ma quando, come l’altra sera, ci si confronta fra giornalisti, anzi fra iscritti all’albo dei giornalisti, ogni simmetria è impossibile: quelli "di destra" parlano addosso agli altri e – quando non sanno più che dire – tirano fuori le mie condanne penali (inesistenti) o le mie vacanze con mafiosi o a spese di mafiosi (inesistenti). Da una parte ci sono giornalisti normali, come l'altra sera Gomez e Rangeri, che non fanno sconti né alla destra né alla sinistra; e dall’altra i trombettieri. Che non sono di destra: sono di Berlusconi. E non fanno i giornalisti: recitano un copione, frequentano corsi specialistici in cui s'impara a fare le faccine e a ripetere ossessivamente le stesse diffamazioni.Invece di contestare i fatti che racconti, tentano di squalificarti come persona. Poi, a missione compiuta, passano alla cassa a ritirare la paghetta. E, se non si abbassano a sufficienza, vengono redarguiti o scaricati dal padrone. Non hanno una faccia e dunque non temono di perderla.Partono avvantaggiati, possono permettersi qualunque cosa. Non hanno alcun obbligo di verità, serietà, coerenza, buonafede, deontologia. Non temono denunce perchè il padrone mette ogni anno a bilancio un fondo spese per risarcire i danni che i suoi sparafucile cagionano a tizio e caio dicendo e scrivendo cose che mai scriverebbero o direbbero se non avessero le spalle coperte. Come diceva Ricucci, che al loro confronto pare Lord Brummel, fanno i froci col culo degli altri.Sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda. E ci tocca pure chiamarli colleghi perchè il nostro Ordine non s'è mai accorto che fanno un altro mestiere. Ci vorrebbe del tempo per spiegare ogni volta ai telespettatori chi sono questi signori, chi li manda, quali nefandezze perpetrano i loro "giornali", perchè quando si parla di Bertolaso rispondono sulle mie ferie e soprattutto che cos'è davvero accaduto a proposito delle mie ferie: e cioè che ho documentato su voglioscendere.it di aver pagato il conto fino all'ultimo centesimo e di aver conosciuto un sottufficiale dell'Antimafia prima che fosse arrestato e condannato per favoreggiamento, interrompendo ogni rapporto appena emerse ciò che aveva fatto (i due trombettieri invece dirigono e vicedirigono i giornali di due editori - Giampaolo Angelucci e Paolo Berlusconi, già arrestati due volte ciascuno, il secondo pregiudicato - e non fanno una piega).
Ma in tv non c'è tempo per spiegare le cose con calma. E, siccome io una reputazione ce l'ho e vi sono affezionato, non posso più accettare che venga infangata ogni giovedì da simili gentiluomini. Gli amici mi consigliano di infischiarmene, di rispondere con una risata o un'alzata di spalle. Nei primi tempi ci riuscivo. Ora non più: non sai la fatica che ho fatto giovedì a restarmene seduto lì fino alla fine. Forse la mia presenza, per il clima creato da questi signori, sta diventando ingombrante e dunque dannosa per Annozero. Che faccio? Mi appendo al collo le ricevute delle ferie e il casellario giudiziale? Esco dallo studio a fumare una sigaretta ogni volta che mi calunniano? O ti viene un'idea migliore?Le mie ferie siciliane del 2003 e la vergogna dei diffamatori - I documenti

mercoledì 9 settembre 2009

Le Procure complottano? Magari

8 settembre 2009 - Marco Travaglio - Mosca tzé tzéda - Antefatto.it
Mentre muore Mike Bongiorno, il padre della televisione italiana, il killer della televisione italiana annuncia alla Nazione alcune buone notizie. La prima è che non siamo ancora tecnicamente una dittatura perché “un dittatore di solito prima attua la censura e poi chiude i giornali” e lui s’è fermato per ora al primo punto del programma: i giornali, bontà sua, non li ha ancora chiusi. Anzi, “in questi giorni in Italia si è dimostrato che c'è stata la libertà di mistificare, calunniare e diffamare”, come dimostra il Giornale. Che naturalmente non è suo, ma del fratello Paolo: lui ne è soltanto l’utilizzatore finale. La seconda è che le Procure di Milano e di Palermo “cospirano contro di noi”. Ora, che in questo povero paese ci sia ancora qualcuno che cospira contro il padrone di tutto, mentre la cosiddetta opposizione se ne guarda bene, è una notizia che induce all’ottimismo. Ormai si disperava che potesse ancora accadere. Si spera soltanto che sia tutto vero. Certamente Silvio Berlusconi è persona informata sui fatti e, se lo dice lui, bisogna credergli. Lui sa, per esempio, che la Procura di Milano sta chiudendo non una cospirazione, ma un’indagine giudiziaria che lo vede indagato dall’aprile del 2007 per appropriazione indebita (con conseguente evasione fiscale) insieme al presidente Mediaset Fedele Confalonieri e ad altre sette persone. L’indagine, di cui lui e i suoi legali hanno ricevuto copia della richiesta di proroga nell’ottobre del 2007 e che è “scaduta” alla vigilia delle ferie, è uno stralcio del processo che vede imputati Berlusconi e altri dinanzi al Tribunale di Milano per le “creste” sugli acquisti di diritti televisivi e cinematografici in America da parte di una miriade di società offshore del gruppo Fininvest-Mediaset. In quel processo (congelato dal lodo Alfano in attesa che dal 6 ottobre la Consulta si pronunci sulla costituzionalità o meno del Salva-Silvio) il premier è imputato per appropriazioni indebite da 276 milioni di dollari, evasioni fiscali per 120 miliardi di lire fino al 1999 e relativi falsi in bilancio. L’inchiesta-stralcio che sta per chiudersi, invece, riguarda l’accusa - come ha scritto Luigi Ferrarella sul Corriere il 25 giugno scorso - di avere “mascherato la formazione di ingenti fondi neri” dirottati dalle casse Fininvest-Mediaset su “conti esteri gestiti dai suoi fiduciari”. Il tutto attraverso la solita compravendita di diritti sui film, negoziati - secondo l’accusa - a prezzi gonfiati con operazioni fittizie tra agenti (fra i quali il produttore egizian-americano Frank Agrama e l’italiano Daniele Lorenzano) e società riconducibili a Berlusconi ma occultate ai bilanci consolidati del gruppo. Un replay della vicenda già approdata in Tribunale, solo che quella si riverbera sui bilanci del gruppo fino al 2001, mentre questa si spinge anche negli anni successivi per via dell’ammortamento pluriennale dei diritti tv. Qui il Cavaliere è indagato per appropriazione indebita a proposito di 100 milioni di euro nascosti in Svizzera e lì sequestrati dai giudici milanesi nell’ottobre del 2005: un tesoretto occulto intestato al produttore Agrama sui conti di una sua società con sede a Hong Kong, la Wiltshire Trading. Secondo l’accusa, quei soldi non sarebbero di Agrama, ma di Berlusconi del quale il produttore non sarebbe altro che un prestanome o un “socio occulto”. L’inchiesta-stralcio prende nome da Mediatrade, cioè dalla società berlusconiana che dal 1999 è subentrata alla maltese Ims per l’acquisto dei diritti tv, e riguarda una serie di conti esteri dai nomi variopinti (“Trattino”, “Teleologico”, “Litoraneo”, “Sorsio”, “Pache” e “Clock”). Il Cavaliere sa bene che, scaduti in estate i termini per indagare, la Procura sta per depositare alle difese “l’avviso di conclusione delle indagini e deposito degli atti”: una mossa che, in mancanza di una richiesta di archiviazione, prelude alla richieste di rinvio a giudizio che lo trasformeranno da indagato a imputato. Poi c’è Palermo. Qui il presidente del Consiglio ha voluto essere più preciso: “E' una follia che ci siano frammenti di Procura che da Palermo a Milano guardano ancora a fatti del '92, del '93, del '94”. In realtà non c’è niente di folle a indagare sulle stragi politico-mafiose che hanno insanguinato l’Italia fra il 1992 e il 1993. L’unica follia è che, a 17 anni dalle bombe di Palermo, Milano, Roma e Firenze, non se ne siano ancora smascherati e ingabbiati i mandanti occulti, nonché gli autori e gli ispiratori delle trattative fra pezzi dello Stato e Cosa Nostra. Ora le indagini paiono a buon punto, grazie alle rivelazioni di persone molto informate sui fatti, come il mafioso pentito Gaspare Spatuzza (dinanzi alle procure di Caltanissetta, Firenze, Milano e Palermo) e il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Massimo Ciancimino. L’altro giorno, su Libero, Gianluigi Nuzzi parlava di importanti acquisizioni da parte di Ilda Boccassini, che indaga sulla strage di via Palestro del 27 luglio 1993, e della possibile riapertura del filone investigativo che aveva portato all’iscrizione di Marcello Dell’Utri (ma anche di Silvio Berlusconi) per concorso in strage. Intanto, la prossima settimana, riparte per il rush finale davanti alla Corte d’appello di Palermo il processo di secondo grado a carico di Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa: la Corte dovrà decidere se ammettere nel fascicolo processuale la lettera che - secondo Ciancimino jr. - Provenzano inviò a Berlusconi tramite Vito Ciancimino e Dell’Utri nei primi mesi del 1994, in cui prometteva appoggi politici in cambio della disponibilità di una rete televisiva, e in caso contrario minacciava un “triste evento” (forse il sequestro o l’uccisione di Piersilvio Berlusconi). Una possibile prova regina del ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e Berlusconi svolto per decenni da Dell’Utri, rimasta finora nei cassetti della Procura grazie alla “distrazione” dei suoi vecchi dirigenti, ora fortunatamente sostituiti da gente più sveglia. Nulla di segreto: tutto noto e stranoto, almeno nelle segrete stanze (giornali e telegiornali non si occupano di certe quisquilie). Noto, soprattutto, al Cavaliere. Il quale ha deciso di giocare d’anticipo. Così quando gli atti di Mediatrade saranno depositati a Milano e quelli di Palermo saranno acquisiti al processo Dell’Utri, lui potrà dire: ve l’avevo detto che stavano cospirando. Quella di oggi è un’esternazione preventiva. A orologeria. (Vignetta di Bertolotti e De Pirro)

domenica 2 agosto 2009

وقتی دیوار اعتماد یک ملت فرو می ریزد دیگر نمی توان بر خرابه های آن تکیه کرد حتی اگر با اشک چشم به پاکسازی اش بر خیزند


وقتی دیوار اعتماد یک ملت فرو می ریزد دیگر نمی توان بر خرابه های آن تکیه کرد حتی اگر با اشک چشم به پاکسازی اش بر خیزند
بد مستی این طفل سی ساله /منـوچهـر يـزدی
وقتی از سی سال پیش ملت جایش را به امت داد و تا حد گله های گوسفند سقوط کرد و چوپان وظیفه شرعی داشت فقط آب و علف اش را تامین کند ولی بر هویتش بتازد و بر شعورش تردید روا دارد و بر آرزو هایش فاتحه بخواند... حال باید از بیداری این گله انگشت تحیر بدندان گیرند و چاقوی شان را برای بریدن سر بره های سر بهوا تیز کنند...!!!

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وقتی تاریخ در گمنامی و غربت می افتد ...وقتی از حوادث نمی آموزیم .....وقتی نگاه مان را بر آینده و گذ شته می بندیم.....آنگاه تاریخ تکرار میشود ...!!!

وقتی سی سال پیش توی دهان دولت قانونی زدند و دولت غیر قانونی را بر یک جامعه هیجان زده تحمیل کردند و همگان از درون و برون بر این جا بجایی کف زدند ...حال آمده اند تا بر اساس همان سنت دیرینه توی دهان ملت بزنند و یک دولت را بر یک ملت تحمیل کنند ....!

وقتی سی سال قبل توی دهان سفارت آمریکا زدند و دیپلمات های آمریکایی را تحقیر کردند و عمو سام خم به ابرو نیاورد و چهار صد و چهل و چهار روز خفت و خواری را بر جان خرید تا نوزاد حکومت اسلامی جان بگیرد ...حال باید آمریکا و غرب بنیشینند و شاهد دهان کجی و بد مستی این طفل سی ساله باشند ....!!

وقتی سی سال پیش .....آقایان امام را در ماه دیدند و روشنفکران دینی و ملی مذهبی بر آن مهر تایید کوبیدند ... حال باید هاله نور را بالای سر دولت مشاهده کنند ...

وقتی سی سال پیش بهترین افسران و فرزندان ایران را از دم تیغ گذ رانیدند و رنگ سرخ خون های به ناحق ریخته شده را ندیدند - حال باید امروز رنگ سبز یکی از فرزندان اصیل حکومت دینی را تحمل کنند ...!

وقتی سی سال دنیای دمکراسی کارتری و اعوان و انصارش در بریتانیای صغیر چشمانشان را بر تحقیر یک ملت می بندند و امروز گوشه چشمی بر ما می گشایند حال باید آقایان شگفت زده از این تغییر - فریاد مرگ بر بی بی سی و صدای آمریکا بر دارند و از عهد شکنی...این عزیز دردانه های رسانه ای رنجیده خاطر شوند...

وقتی سی سال انگشت حکومت به سوی بهشت موعود دراز بود و همه وعده ها به آنجا ختم میشد و صدای مظلومیت این مردم به گوش ها فرو نمی رفت حال باید گوش هایشان را برای شنیدن خروش پر صلابت یک ملت از درون قلب های شکسته آماده کنند

وقتی سی سال پیش پایه های یک حکومت را بر مصلحت نظام نهادند واهل فن و دانش را به انزوا راندند... حال باید از سازه های لرزان آن که با غریوی شکاف برداشته است بیم به خود راه دهند....

وقتی از سی سال پیش ملت جایش را به امت داد و تا حد گله های گوسفند سقوط کرد و چوپان وظیفه شرعی داشت فقط آب و علف اش را تامین کند ولی بر هویتش بتازد و بر شعورش تردید روا دارد و بر آرزو هایش فاتحه بخواند... حال باید از بیداری این گله انگشت تحیر بدندان گیرند و چاقوی شان را برای بریدن سر بره های سر بهوا تیز کنند...!!!

تاریخ را نخواندند... تاریخ ملت ایران رااز نیمه هایش خواندند و خود خواسته مرور کردند و به تحریف ارزش های یک ملت دست یازیدند... که اگر چنین نبود حتما ملاحظه می کردند که وقتی دیوار اعتماد یک ملت فرو می ریزد دیگر نمی توان بر خرابه های آن تکیه کرد حتی اگر با اشک چشم به پاکسازی اش بر خیزند...

و امروز آن روز است.... شاید بتوان با شمشیر های آغشته به خون چند صباحی روی پاهای لرزان ایستاد ولی خرابه... خرابه است... باید به حکم تاریخ و اراده ملی گردن نهاد تا راه برای معماران واقعی و دلسوز و بر گزیدگان خرد جمعی و میهن دوستان آرمانخواه هموار گردد...

اراده ملی بر یک رفراندم تعلق گرفته است...

انتقال حاکمیت از حاکمیت فرقه ای به حاکمیت ملت

sabato 1 agosto 2009

میلاد آنکه عاشقانه بر خاک مرد : احمد شاملو

(1)
نگاه کن چه فرو تنانه بر خاک می گسترد
آنکه نهال نازک دستانش
از عشق
خداست
و پیش عصیانش
بالای جهنم
پست است.
آن کو به یکی « آری » می میرد
نه به زخم صد خنجر،
و مرگش در نمی رسد
مگر آنکه از تب وهن
دق کند.

قلعه یی عظیم
که طلسم دروازه اش
کلام کوچک دوستی است.

(2)
انکار ِ عشق را
چنین که بر سر سختی پا سفت کرده ای
دشنه مگر
به آستین اندر
نهان کرده باشی.-
که عاشق
اعتراف را چنان به فریاد آمد
که وجودش همه
بانگی شد.

(3)
نگاه کن
چه فرو تنانه بر در گاه نجابت
به خاک می شکند
رخساره ای که توفانش
مسخ نیارست کرد.
چه فروتنانه بر آستانه تو به خاک می افتد
آنکه در کمر گاه دریا
دست
حلقه توانست کرد.
نگاه کن
چه بزرگوارانه در پای تو سر نهاد
آنکه مرگش
میلاد پر هیا هوی هزار شهزاده بود.
نگاه کن

giovedì 23 luglio 2009

Indro, ci manchi


22 luglio 2009 Marco Travaglio

La mosca tzè tzèda

L'Antefatto.it Otto anni fa a oggi moriva Indro Montanelli. Nel 1994 era stato il primo, da posizioni conservatrici e dunque non prevenute, a intuire la minaccia che il suo ex editore Silvio Berlusconi entrato in politica rappresentava per la democrazia. Il 7 giugno 1994 il Cavaliere, premier da appena un mese, attaccò la Rai dei “professori” (la più lontana mai vista dalla politica) illustrando la sua personalissima concezione del pluralismo: “È certamente anomalo che in uno Stato democratico esista un servizio pubblico televisivo contro la maggioranza che ha espresso il governo del Paese. La Rai è faziosa, contro il governo che la gente ha voluto. La gente è d’accordo con me, questa Rai non le piace: me l’ha detto un sondaggio. Il governo se ne occuperà tra breve”. L’indomani, sulla Voce, Montanelli scrisse che quel delirio dimostrava “una allarmante confusione concettuale fra Stato e governo… Alla ‘gente’ la prospettiva di sei reti televisive... che, accantonati dibattiti e risse, intonino l’osanna al nuovo regime e al suo ‘timoniere’, probabilmente piace. Lo dimostra l’indifferenza con cui il cosiddetto uomo della strada ha accolto le dichiarazioni del timoniere... Io avevo i pantaloni corti quando Matteotti fu assassinato. Ma ricordo i discorsi che la gente intorno a me faceva. Dopo sei mesi di campagne giornalistiche al calor bianco... in cui nessuno era più in grado di distinguere la verità dalle menzogne, la gente accolse con sollievo il discorso del 3 gennaio 1925 con cui Mussolini imbavagliava la stampa e annunziava la dittatura... Berlusconi non è Mussolini... Ma è proprio questo clima di facilismo, di esenzione non dai problemi (di questi ce ne sono), ma da quelle angosce esistenziali che ci rendono ricettivi ai grandi princìpi, che può spianare a Berlusconi la strada verso una ‘democrazia del balcone’. Non quello di Palazzo Venezia, che gli andrebbe troppo largo. Ma quello della Casa Rosada, che consentiva a un Perón di arringare la folla... Ce la farà perché la gente è con lui, non con noi. E quando la gente si mette dietro qualcuno, gli uomini delle ‘comunicazioni di massa’ finiscono per mettersi dietro la gente. Queste cose le abbiamo già viste all’alba della nostra vita. Mai ci saremmo aspettati di rivederle al tramonto. Ma sembra che così debba essere”.A rileggerlo oggi, quell’articolo profetico, mi rimbomba nella testa il ricordo delle “campagne giornalistiche al calor bianco... in cui nessuno era più in grado di distinguere la verità dalle menzogne” che precedettero l’avvento del regime mussoliniano. E’ il ritratto dei giorni nostri. Per settimane ci siamo sentiti ripetere che Patrizia D’Addario raccontava frottole. “Non è mai andata a casa del premier” (Niccolò Ghedini). “Non esistono registrazioni della D’Addario, a meno che qualcuno se le inventi” (ancora Ghedini). “Non sapevo che fosse una escort altrimenti non l’avrei frequentata né tantomeno l’avrei portata a cena dal presidente” (Giampaolo Tarantini). “Il presidente non sapeva che io rimborsassi le ragazze” (ancora Tarantini). “Non ho alcun ricordo di questa donna, ne ignoravo il nome e non avevo in mente il viso” (Silvio Berlusconi). “Purtroppo abbiamo sbagliato l’ospite” (ancora Berlusconi). “Non ho mai pagato una donna, naturalmente, non ho mai capito che soddisfazione ci sia, se non c’è il piacere della conquista” (ancora Berlusconi). “Qualcuno ha dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito a questa signora D’Addario… un progetto eversivo” (ancora Berlusconi). Ora, dalle conversazioni registrate dalla stessa D’Addario e pubblicate dal bravissimo Antonio Massari sul sito dell’Espresso, si scopre che hanno mentito tutti: Berlusconi, Ghedini, Tarantini, giornali e turiferari al seguito. Solo la D’Addario ha sempre detto la verità, senza prendere un euro per farlo. L’unico che l’ha “retribuita” è Tarantini, col quale Berlusconi si sentiva anche dieci o venti volte al giorno. Ma avrebbe dovuto pagarla anche il premier, secondo i patti. “Mille te li ho già dati – le dice Tarantini – poi se rimani con lui ti fa il regalo solo lui”. Ma Berlusconi se ne dimentica, promettendo però un interessamento per un’operazione immobiliare cara alla signora, e lei se ne lamenta con Giampi: “Niente busta però… Tu mi avevi detto che c'era una busta. Mi ha fatto un regalino, non so, una tartarughina…”. Di fronte allo scandalo di quest’ennesima vagonata di menzogne di Stato, che occupa le pagine di tutti i giornali e i siti del mondo intero, il capo dello Stato non trova di meglio che attaccare quei pochi che fanno opposizione e auspicare “tregue” e “riforme condivise” (con chi? Con Papi? Con l’Utilizzatore Finale? Con il Puttaniere di Stato e i suoi ruffiani?). Al Pappone pensa di cavarsela dicendo “non sono un santo” (come se il problema fosse questo). I tg parlano d’altro (memorabile, l’altra sera, il mega-servizio del Tg1 di Menzognini su un ghiacciaio dell’Antartide). Pigi Battista, sul Corriere, farfuglia di “denunce pubbliche di comportamenti privati” e di “incursioni sputtanatorie”, dimenticando forse che il premier è un bugiardo matricolato e la signora D’Addario era candidata alle elezioni comunali di Bari nel Popolo delle libertà soltanto un mese fa. Poveracci con la voce bianca o col caschetto mèchato alla Mastro Geppetto calunniano chi racconta i fatti sul Giornale di Papi. Mavalà Ghedini, sbugiardato platealmente dalle registrazioni, continua ad arrampicarsi sugli specchi, sostenendo contemporaneamente che i nastri sono falsi (“materiale del tutto inverosimile e frutto di invenzione”) e che chi li ha pubblicati ha violato il segreto investigativo (dunque sono veri, se lui stesso ipotizza che siano in possesso della Procura di Bari). Avvocati un tempo “democratici” e “garantisti”, come il rifondarolo Giuliano Pisapia, si alleano con Mavalà invocando sul Giornale indagini per “ricettazione” contro il giornalista che li ha pubblicati. Forse a questi principi del foro sfugge che le registrazioni non sono opera della magistratura o della polizia giudiziaria: le ha fatte, lecitamente, Patrizia d’Addario, e se le ha passate a qualche giornalista per dimostrare la propria attendibilità prima che venissero segretate, nessuno ha violato alcun segreto né alcuna legge. Il Giornale della ditta si scatena a demolire Patrizia con ogni sorta di insulto, senz’accorgersi che così peggiora la posizione dell’”utilizzatore finale”, il Cavalier Padrone, che la ricevette in casa sua per due volte, ci trascorse una notte “nel lettone di Putin”, le regalò due gioielli, promise di aiutarla in una pratica immobiliare, ci fece colazione insieme anzichè fare gli auguri al neoeletto presidente americano Obama, le raccontò dei suoi impegni istituzionali e internazionali, la richiamò al telefono e le diede appuntamento ad altri incontri per “farti leccare da una mia amica”, mentre il partito a Bari la candidava nella lista del ministro Raffaele Fitto, “La Puglia prima di tutto”. La poveretta si era perfino bevuta la promessa del Cavalier Bugiardoni: D’Addario: E poi mi ha fatto una promessa…Tarantini: Cioè?D’Addario: Che… va beh te lo posso dire, tanto tu sei la guardia di tutto, mi ha detto che mi mandava gente sul cantiere. L'ha detto lui, quindi ci devo credere?Tarantini: Sì, e va beh se lo dice lui… Povera donna: “L’ha detto lui, quindi ci devo credere”. Infatti s’è visto com’è finita la storia. Come con il Contratto con gli italiani. Come con l’impegno in Sardegna a tenere il G8 alla Maddalena. Come con la promessa di ricostruire l’Aquila in men che non si dica. Ora, almeno, c’è un cittadino in più – Patrizia - che non si fida delle promesse del Re Sòla. E’ già qualcosa. Gli altri, un giorno o l’altro, seguiranno. Forse. Indro, quanto ci manchi. (Vignetta di theHand)