mercoledì 9 settembre 2009

Le Procure complottano? Magari

8 settembre 2009 - Marco Travaglio - Mosca tzé tzéda - Antefatto.it
Mentre muore Mike Bongiorno, il padre della televisione italiana, il killer della televisione italiana annuncia alla Nazione alcune buone notizie. La prima è che non siamo ancora tecnicamente una dittatura perché “un dittatore di solito prima attua la censura e poi chiude i giornali” e lui s’è fermato per ora al primo punto del programma: i giornali, bontà sua, non li ha ancora chiusi. Anzi, “in questi giorni in Italia si è dimostrato che c'è stata la libertà di mistificare, calunniare e diffamare”, come dimostra il Giornale. Che naturalmente non è suo, ma del fratello Paolo: lui ne è soltanto l’utilizzatore finale. La seconda è che le Procure di Milano e di Palermo “cospirano contro di noi”. Ora, che in questo povero paese ci sia ancora qualcuno che cospira contro il padrone di tutto, mentre la cosiddetta opposizione se ne guarda bene, è una notizia che induce all’ottimismo. Ormai si disperava che potesse ancora accadere. Si spera soltanto che sia tutto vero. Certamente Silvio Berlusconi è persona informata sui fatti e, se lo dice lui, bisogna credergli. Lui sa, per esempio, che la Procura di Milano sta chiudendo non una cospirazione, ma un’indagine giudiziaria che lo vede indagato dall’aprile del 2007 per appropriazione indebita (con conseguente evasione fiscale) insieme al presidente Mediaset Fedele Confalonieri e ad altre sette persone. L’indagine, di cui lui e i suoi legali hanno ricevuto copia della richiesta di proroga nell’ottobre del 2007 e che è “scaduta” alla vigilia delle ferie, è uno stralcio del processo che vede imputati Berlusconi e altri dinanzi al Tribunale di Milano per le “creste” sugli acquisti di diritti televisivi e cinematografici in America da parte di una miriade di società offshore del gruppo Fininvest-Mediaset. In quel processo (congelato dal lodo Alfano in attesa che dal 6 ottobre la Consulta si pronunci sulla costituzionalità o meno del Salva-Silvio) il premier è imputato per appropriazioni indebite da 276 milioni di dollari, evasioni fiscali per 120 miliardi di lire fino al 1999 e relativi falsi in bilancio. L’inchiesta-stralcio che sta per chiudersi, invece, riguarda l’accusa - come ha scritto Luigi Ferrarella sul Corriere il 25 giugno scorso - di avere “mascherato la formazione di ingenti fondi neri” dirottati dalle casse Fininvest-Mediaset su “conti esteri gestiti dai suoi fiduciari”. Il tutto attraverso la solita compravendita di diritti sui film, negoziati - secondo l’accusa - a prezzi gonfiati con operazioni fittizie tra agenti (fra i quali il produttore egizian-americano Frank Agrama e l’italiano Daniele Lorenzano) e società riconducibili a Berlusconi ma occultate ai bilanci consolidati del gruppo. Un replay della vicenda già approdata in Tribunale, solo che quella si riverbera sui bilanci del gruppo fino al 2001, mentre questa si spinge anche negli anni successivi per via dell’ammortamento pluriennale dei diritti tv. Qui il Cavaliere è indagato per appropriazione indebita a proposito di 100 milioni di euro nascosti in Svizzera e lì sequestrati dai giudici milanesi nell’ottobre del 2005: un tesoretto occulto intestato al produttore Agrama sui conti di una sua società con sede a Hong Kong, la Wiltshire Trading. Secondo l’accusa, quei soldi non sarebbero di Agrama, ma di Berlusconi del quale il produttore non sarebbe altro che un prestanome o un “socio occulto”. L’inchiesta-stralcio prende nome da Mediatrade, cioè dalla società berlusconiana che dal 1999 è subentrata alla maltese Ims per l’acquisto dei diritti tv, e riguarda una serie di conti esteri dai nomi variopinti (“Trattino”, “Teleologico”, “Litoraneo”, “Sorsio”, “Pache” e “Clock”). Il Cavaliere sa bene che, scaduti in estate i termini per indagare, la Procura sta per depositare alle difese “l’avviso di conclusione delle indagini e deposito degli atti”: una mossa che, in mancanza di una richiesta di archiviazione, prelude alla richieste di rinvio a giudizio che lo trasformeranno da indagato a imputato. Poi c’è Palermo. Qui il presidente del Consiglio ha voluto essere più preciso: “E' una follia che ci siano frammenti di Procura che da Palermo a Milano guardano ancora a fatti del '92, del '93, del '94”. In realtà non c’è niente di folle a indagare sulle stragi politico-mafiose che hanno insanguinato l’Italia fra il 1992 e il 1993. L’unica follia è che, a 17 anni dalle bombe di Palermo, Milano, Roma e Firenze, non se ne siano ancora smascherati e ingabbiati i mandanti occulti, nonché gli autori e gli ispiratori delle trattative fra pezzi dello Stato e Cosa Nostra. Ora le indagini paiono a buon punto, grazie alle rivelazioni di persone molto informate sui fatti, come il mafioso pentito Gaspare Spatuzza (dinanzi alle procure di Caltanissetta, Firenze, Milano e Palermo) e il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Massimo Ciancimino. L’altro giorno, su Libero, Gianluigi Nuzzi parlava di importanti acquisizioni da parte di Ilda Boccassini, che indaga sulla strage di via Palestro del 27 luglio 1993, e della possibile riapertura del filone investigativo che aveva portato all’iscrizione di Marcello Dell’Utri (ma anche di Silvio Berlusconi) per concorso in strage. Intanto, la prossima settimana, riparte per il rush finale davanti alla Corte d’appello di Palermo il processo di secondo grado a carico di Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa: la Corte dovrà decidere se ammettere nel fascicolo processuale la lettera che - secondo Ciancimino jr. - Provenzano inviò a Berlusconi tramite Vito Ciancimino e Dell’Utri nei primi mesi del 1994, in cui prometteva appoggi politici in cambio della disponibilità di una rete televisiva, e in caso contrario minacciava un “triste evento” (forse il sequestro o l’uccisione di Piersilvio Berlusconi). Una possibile prova regina del ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e Berlusconi svolto per decenni da Dell’Utri, rimasta finora nei cassetti della Procura grazie alla “distrazione” dei suoi vecchi dirigenti, ora fortunatamente sostituiti da gente più sveglia. Nulla di segreto: tutto noto e stranoto, almeno nelle segrete stanze (giornali e telegiornali non si occupano di certe quisquilie). Noto, soprattutto, al Cavaliere. Il quale ha deciso di giocare d’anticipo. Così quando gli atti di Mediatrade saranno depositati a Milano e quelli di Palermo saranno acquisiti al processo Dell’Utri, lui potrà dire: ve l’avevo detto che stavano cospirando. Quella di oggi è un’esternazione preventiva. A orologeria. (Vignetta di Bertolotti e De Pirro)

domenica 2 agosto 2009

وقتی دیوار اعتماد یک ملت فرو می ریزد دیگر نمی توان بر خرابه های آن تکیه کرد حتی اگر با اشک چشم به پاکسازی اش بر خیزند


وقتی دیوار اعتماد یک ملت فرو می ریزد دیگر نمی توان بر خرابه های آن تکیه کرد حتی اگر با اشک چشم به پاکسازی اش بر خیزند
بد مستی این طفل سی ساله /منـوچهـر يـزدی
وقتی از سی سال پیش ملت جایش را به امت داد و تا حد گله های گوسفند سقوط کرد و چوپان وظیفه شرعی داشت فقط آب و علف اش را تامین کند ولی بر هویتش بتازد و بر شعورش تردید روا دارد و بر آرزو هایش فاتحه بخواند... حال باید از بیداری این گله انگشت تحیر بدندان گیرند و چاقوی شان را برای بریدن سر بره های سر بهوا تیز کنند...!!!

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وقتی تاریخ در گمنامی و غربت می افتد ...وقتی از حوادث نمی آموزیم .....وقتی نگاه مان را بر آینده و گذ شته می بندیم.....آنگاه تاریخ تکرار میشود ...!!!

وقتی سی سال پیش توی دهان دولت قانونی زدند و دولت غیر قانونی را بر یک جامعه هیجان زده تحمیل کردند و همگان از درون و برون بر این جا بجایی کف زدند ...حال آمده اند تا بر اساس همان سنت دیرینه توی دهان ملت بزنند و یک دولت را بر یک ملت تحمیل کنند ....!

وقتی سی سال قبل توی دهان سفارت آمریکا زدند و دیپلمات های آمریکایی را تحقیر کردند و عمو سام خم به ابرو نیاورد و چهار صد و چهل و چهار روز خفت و خواری را بر جان خرید تا نوزاد حکومت اسلامی جان بگیرد ...حال باید آمریکا و غرب بنیشینند و شاهد دهان کجی و بد مستی این طفل سی ساله باشند ....!!

وقتی سی سال پیش .....آقایان امام را در ماه دیدند و روشنفکران دینی و ملی مذهبی بر آن مهر تایید کوبیدند ... حال باید هاله نور را بالای سر دولت مشاهده کنند ...

وقتی سی سال پیش بهترین افسران و فرزندان ایران را از دم تیغ گذ رانیدند و رنگ سرخ خون های به ناحق ریخته شده را ندیدند - حال باید امروز رنگ سبز یکی از فرزندان اصیل حکومت دینی را تحمل کنند ...!

وقتی سی سال دنیای دمکراسی کارتری و اعوان و انصارش در بریتانیای صغیر چشمانشان را بر تحقیر یک ملت می بندند و امروز گوشه چشمی بر ما می گشایند حال باید آقایان شگفت زده از این تغییر - فریاد مرگ بر بی بی سی و صدای آمریکا بر دارند و از عهد شکنی...این عزیز دردانه های رسانه ای رنجیده خاطر شوند...

وقتی سی سال انگشت حکومت به سوی بهشت موعود دراز بود و همه وعده ها به آنجا ختم میشد و صدای مظلومیت این مردم به گوش ها فرو نمی رفت حال باید گوش هایشان را برای شنیدن خروش پر صلابت یک ملت از درون قلب های شکسته آماده کنند

وقتی سی سال پیش پایه های یک حکومت را بر مصلحت نظام نهادند واهل فن و دانش را به انزوا راندند... حال باید از سازه های لرزان آن که با غریوی شکاف برداشته است بیم به خود راه دهند....

وقتی از سی سال پیش ملت جایش را به امت داد و تا حد گله های گوسفند سقوط کرد و چوپان وظیفه شرعی داشت فقط آب و علف اش را تامین کند ولی بر هویتش بتازد و بر شعورش تردید روا دارد و بر آرزو هایش فاتحه بخواند... حال باید از بیداری این گله انگشت تحیر بدندان گیرند و چاقوی شان را برای بریدن سر بره های سر بهوا تیز کنند...!!!

تاریخ را نخواندند... تاریخ ملت ایران رااز نیمه هایش خواندند و خود خواسته مرور کردند و به تحریف ارزش های یک ملت دست یازیدند... که اگر چنین نبود حتما ملاحظه می کردند که وقتی دیوار اعتماد یک ملت فرو می ریزد دیگر نمی توان بر خرابه های آن تکیه کرد حتی اگر با اشک چشم به پاکسازی اش بر خیزند...

و امروز آن روز است.... شاید بتوان با شمشیر های آغشته به خون چند صباحی روی پاهای لرزان ایستاد ولی خرابه... خرابه است... باید به حکم تاریخ و اراده ملی گردن نهاد تا راه برای معماران واقعی و دلسوز و بر گزیدگان خرد جمعی و میهن دوستان آرمانخواه هموار گردد...

اراده ملی بر یک رفراندم تعلق گرفته است...

انتقال حاکمیت از حاکمیت فرقه ای به حاکمیت ملت

sabato 1 agosto 2009

میلاد آنکه عاشقانه بر خاک مرد : احمد شاملو

(1)
نگاه کن چه فرو تنانه بر خاک می گسترد
آنکه نهال نازک دستانش
از عشق
خداست
و پیش عصیانش
بالای جهنم
پست است.
آن کو به یکی « آری » می میرد
نه به زخم صد خنجر،
و مرگش در نمی رسد
مگر آنکه از تب وهن
دق کند.

قلعه یی عظیم
که طلسم دروازه اش
کلام کوچک دوستی است.

(2)
انکار ِ عشق را
چنین که بر سر سختی پا سفت کرده ای
دشنه مگر
به آستین اندر
نهان کرده باشی.-
که عاشق
اعتراف را چنان به فریاد آمد
که وجودش همه
بانگی شد.

(3)
نگاه کن
چه فرو تنانه بر در گاه نجابت
به خاک می شکند
رخساره ای که توفانش
مسخ نیارست کرد.
چه فروتنانه بر آستانه تو به خاک می افتد
آنکه در کمر گاه دریا
دست
حلقه توانست کرد.
نگاه کن
چه بزرگوارانه در پای تو سر نهاد
آنکه مرگش
میلاد پر هیا هوی هزار شهزاده بود.
نگاه کن

giovedì 23 luglio 2009

Indro, ci manchi


22 luglio 2009 Marco Travaglio

La mosca tzè tzèda

L'Antefatto.it Otto anni fa a oggi moriva Indro Montanelli. Nel 1994 era stato il primo, da posizioni conservatrici e dunque non prevenute, a intuire la minaccia che il suo ex editore Silvio Berlusconi entrato in politica rappresentava per la democrazia. Il 7 giugno 1994 il Cavaliere, premier da appena un mese, attaccò la Rai dei “professori” (la più lontana mai vista dalla politica) illustrando la sua personalissima concezione del pluralismo: “È certamente anomalo che in uno Stato democratico esista un servizio pubblico televisivo contro la maggioranza che ha espresso il governo del Paese. La Rai è faziosa, contro il governo che la gente ha voluto. La gente è d’accordo con me, questa Rai non le piace: me l’ha detto un sondaggio. Il governo se ne occuperà tra breve”. L’indomani, sulla Voce, Montanelli scrisse che quel delirio dimostrava “una allarmante confusione concettuale fra Stato e governo… Alla ‘gente’ la prospettiva di sei reti televisive... che, accantonati dibattiti e risse, intonino l’osanna al nuovo regime e al suo ‘timoniere’, probabilmente piace. Lo dimostra l’indifferenza con cui il cosiddetto uomo della strada ha accolto le dichiarazioni del timoniere... Io avevo i pantaloni corti quando Matteotti fu assassinato. Ma ricordo i discorsi che la gente intorno a me faceva. Dopo sei mesi di campagne giornalistiche al calor bianco... in cui nessuno era più in grado di distinguere la verità dalle menzogne, la gente accolse con sollievo il discorso del 3 gennaio 1925 con cui Mussolini imbavagliava la stampa e annunziava la dittatura... Berlusconi non è Mussolini... Ma è proprio questo clima di facilismo, di esenzione non dai problemi (di questi ce ne sono), ma da quelle angosce esistenziali che ci rendono ricettivi ai grandi princìpi, che può spianare a Berlusconi la strada verso una ‘democrazia del balcone’. Non quello di Palazzo Venezia, che gli andrebbe troppo largo. Ma quello della Casa Rosada, che consentiva a un Perón di arringare la folla... Ce la farà perché la gente è con lui, non con noi. E quando la gente si mette dietro qualcuno, gli uomini delle ‘comunicazioni di massa’ finiscono per mettersi dietro la gente. Queste cose le abbiamo già viste all’alba della nostra vita. Mai ci saremmo aspettati di rivederle al tramonto. Ma sembra che così debba essere”.A rileggerlo oggi, quell’articolo profetico, mi rimbomba nella testa il ricordo delle “campagne giornalistiche al calor bianco... in cui nessuno era più in grado di distinguere la verità dalle menzogne” che precedettero l’avvento del regime mussoliniano. E’ il ritratto dei giorni nostri. Per settimane ci siamo sentiti ripetere che Patrizia D’Addario raccontava frottole. “Non è mai andata a casa del premier” (Niccolò Ghedini). “Non esistono registrazioni della D’Addario, a meno che qualcuno se le inventi” (ancora Ghedini). “Non sapevo che fosse una escort altrimenti non l’avrei frequentata né tantomeno l’avrei portata a cena dal presidente” (Giampaolo Tarantini). “Il presidente non sapeva che io rimborsassi le ragazze” (ancora Tarantini). “Non ho alcun ricordo di questa donna, ne ignoravo il nome e non avevo in mente il viso” (Silvio Berlusconi). “Purtroppo abbiamo sbagliato l’ospite” (ancora Berlusconi). “Non ho mai pagato una donna, naturalmente, non ho mai capito che soddisfazione ci sia, se non c’è il piacere della conquista” (ancora Berlusconi). “Qualcuno ha dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito a questa signora D’Addario… un progetto eversivo” (ancora Berlusconi). Ora, dalle conversazioni registrate dalla stessa D’Addario e pubblicate dal bravissimo Antonio Massari sul sito dell’Espresso, si scopre che hanno mentito tutti: Berlusconi, Ghedini, Tarantini, giornali e turiferari al seguito. Solo la D’Addario ha sempre detto la verità, senza prendere un euro per farlo. L’unico che l’ha “retribuita” è Tarantini, col quale Berlusconi si sentiva anche dieci o venti volte al giorno. Ma avrebbe dovuto pagarla anche il premier, secondo i patti. “Mille te li ho già dati – le dice Tarantini – poi se rimani con lui ti fa il regalo solo lui”. Ma Berlusconi se ne dimentica, promettendo però un interessamento per un’operazione immobiliare cara alla signora, e lei se ne lamenta con Giampi: “Niente busta però… Tu mi avevi detto che c'era una busta. Mi ha fatto un regalino, non so, una tartarughina…”. Di fronte allo scandalo di quest’ennesima vagonata di menzogne di Stato, che occupa le pagine di tutti i giornali e i siti del mondo intero, il capo dello Stato non trova di meglio che attaccare quei pochi che fanno opposizione e auspicare “tregue” e “riforme condivise” (con chi? Con Papi? Con l’Utilizzatore Finale? Con il Puttaniere di Stato e i suoi ruffiani?). Al Pappone pensa di cavarsela dicendo “non sono un santo” (come se il problema fosse questo). I tg parlano d’altro (memorabile, l’altra sera, il mega-servizio del Tg1 di Menzognini su un ghiacciaio dell’Antartide). Pigi Battista, sul Corriere, farfuglia di “denunce pubbliche di comportamenti privati” e di “incursioni sputtanatorie”, dimenticando forse che il premier è un bugiardo matricolato e la signora D’Addario era candidata alle elezioni comunali di Bari nel Popolo delle libertà soltanto un mese fa. Poveracci con la voce bianca o col caschetto mèchato alla Mastro Geppetto calunniano chi racconta i fatti sul Giornale di Papi. Mavalà Ghedini, sbugiardato platealmente dalle registrazioni, continua ad arrampicarsi sugli specchi, sostenendo contemporaneamente che i nastri sono falsi (“materiale del tutto inverosimile e frutto di invenzione”) e che chi li ha pubblicati ha violato il segreto investigativo (dunque sono veri, se lui stesso ipotizza che siano in possesso della Procura di Bari). Avvocati un tempo “democratici” e “garantisti”, come il rifondarolo Giuliano Pisapia, si alleano con Mavalà invocando sul Giornale indagini per “ricettazione” contro il giornalista che li ha pubblicati. Forse a questi principi del foro sfugge che le registrazioni non sono opera della magistratura o della polizia giudiziaria: le ha fatte, lecitamente, Patrizia d’Addario, e se le ha passate a qualche giornalista per dimostrare la propria attendibilità prima che venissero segretate, nessuno ha violato alcun segreto né alcuna legge. Il Giornale della ditta si scatena a demolire Patrizia con ogni sorta di insulto, senz’accorgersi che così peggiora la posizione dell’”utilizzatore finale”, il Cavalier Padrone, che la ricevette in casa sua per due volte, ci trascorse una notte “nel lettone di Putin”, le regalò due gioielli, promise di aiutarla in una pratica immobiliare, ci fece colazione insieme anzichè fare gli auguri al neoeletto presidente americano Obama, le raccontò dei suoi impegni istituzionali e internazionali, la richiamò al telefono e le diede appuntamento ad altri incontri per “farti leccare da una mia amica”, mentre il partito a Bari la candidava nella lista del ministro Raffaele Fitto, “La Puglia prima di tutto”. La poveretta si era perfino bevuta la promessa del Cavalier Bugiardoni: D’Addario: E poi mi ha fatto una promessa…Tarantini: Cioè?D’Addario: Che… va beh te lo posso dire, tanto tu sei la guardia di tutto, mi ha detto che mi mandava gente sul cantiere. L'ha detto lui, quindi ci devo credere?Tarantini: Sì, e va beh se lo dice lui… Povera donna: “L’ha detto lui, quindi ci devo credere”. Infatti s’è visto com’è finita la storia. Come con il Contratto con gli italiani. Come con l’impegno in Sardegna a tenere il G8 alla Maddalena. Come con la promessa di ricostruire l’Aquila in men che non si dica. Ora, almeno, c’è un cittadino in più – Patrizia - che non si fida delle promesse del Re Sòla. E’ già qualcosa. Gli altri, un giorno o l’altro, seguiranno. Forse. Indro, quanto ci manchi. (Vignetta di theHand)

lunedì 13 luglio 2009

Ghedini e Alfano chiavi in mano


Marco Travaglio - Signornò
l'Espresso in edicola
A furia di sentir ripetere dal cosiddetto ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e dal vero Guardasigilli, on. avv. Niccolò Ghedini, che "per la mafia la legge sulle intercettazioni non cambia nulla", un gruppo di delinquenti comuni di Palermo si sono lasciati travolgere dall'entusiasmo. Si son portati avanti col lavoro, senz'attendere il voto finale del Parlamento. E uno si è tradito. Così sono finiti tutti e cinque in galera il 22 giugno per associazione a delinquere finalizzata a varie truffe aggravate: "Spendevano nomi di persone defunte" per ottenere contratti di finanziamento da società finanziarie per la bellezza di 554 mila euro. Il 18 dicembre erano riuniti per organizzare i piani di battaglia, ignari di essere ascoltati. Uno, in verità, qualche dubbio l'aveva: "Allora possiamo parlare qua, giusto?". Un altro, che aveva colto al volo il senso della legge Alfano, ma aveva anticipato un po' i tempi, gli ha risposto: "Le microspie ci stanno per situazioni di mafia, qui noi stiamo parlando di truffe, quindi possiamo parlare". Ed è esploso in una sonora risata. Ma c'era poco da ridere.Le microspie erano in agguato, la nuova legge non era ancora attiva. Se lo fosse stata, avrebbe avuto ragione lui. Non perché, in teoria, i giudici non possano più intercettare i truffatori (com'era nella prima versione della norma, che escludeva gli ascolti per tutti i reati con pene inferiori ai 10 anni, truffe incluse). Ma perché per tutti i reati, salvo mafia, terrorismo e sequestro di persona, per disporre le intercettazioni la nuova legge richiede "evidenti indizi di colpevolezza" su qualcuno: il giudice, in pratica, dovrà già conoscere il nome del colpevole. Nel qual caso, fra l'altro, non avrà più bisogno di intercettarlo. Di solito infatti si intercetta per scoprire il colpevole, non viceversa. Per le microspie, poi, il limite imposto dalla nuova legge è ancor più demenziale: l'intercettazione ambientale è consentita solo nei luoghi dove si sta commettendo un reato. E siccome la cimice serve proprio a scoprire se si sta commettendo un reato, è impossibile saperlo prima di averla piazzata.Si dirà: se i truffatori fossero mafiosi, sarebbero intercettabili anche con la nuova legge.Eh no, qui casca l'asino: nessuno può dire in partenza, inseguendo una truffa, se i suoi autori sono mafiosi o no. "Lo scopriremo solo vivendo", cantava Battisti. Nel nostro caso, intercettando. Ma la geniale coppia Ghedini-Alfano ha stabilito che il pm debba scoprirlo per scienza infusa, prima di intercettare. Mission impossible. Il nostro presunto truffatore, che ora è in carcere per troppa fiducia nel governo, va comunque ringraziato. Con quella frase lapidaria ("Stiamo parlando di truffe, quindi possiamo parlare") ha riassunto come meglio non si poteva l'assurdità psichedelica della legge, quasi immolandosi per fornircene una prova preventiva su strada. The future is now.(Vignetta di theHand)

domenica 5 luglio 2009

Il Cavaliere ha bisognodi una lunga vacanza

EUGENIO SCALFARI

Al'Aquila la terra continua a tremare, lo sciame sismico non dà tregua, sotto le tende un giorno si crepa dal caldo e il giorno dopo si galleggia sotto il nubifragio, ma Bertolaso ha l'aria contenta. "Andrà tutto benissimo" dice in Tv "e poi se non avessimo trasportato qui il G8 chi parlerebbe ancora del terremoto?" Il popolo delle tendopoli in realtà se ne frega che si parli di lui anzi ne è decisamente irritato, ma Bertolaso è felice, ogni giorno compare alla destra dell'Onnipotente ed ha anche scansato un brutto processo sui rifiuti, trasferito a Roma e iscritto a nuovo ruolo. Comunque, in caso di bisogno, è pronto il piano B per evacuare i Potenti in elicottero. Teatro. Puro teatro. Non è forse questa la regola generale? Preparare un piano B è diventato una mania. Ce n'è uno per L'Aquila, un altro per il disegno di legge sulle intercettazioni contestato dal presidente Napolitano per palesi vizi di incostituzionalità e ieri messo in opera dal ministro della Giustizia; un altro ancora per il lodo Alfano se la Corte ne invaliderà alcune parti, infine un quarto se la Corte lo invalidasse interamente. Quest'ultimo piano B tuttavia è ancora da studiare, si va da una legge non più ordinaria ma costituzionale che però lascerebbe il Cavaliere esposto al corso della giustizia, ad una crisi istituzionale vera e propria con conseguente appello al popolo in stile Caimano. Berlusconi, a differenza del suo Bertolaso, ha invece la faccia sempre più scura. Gli hanno suggerito di parlar poco e di farsi vedere il meno possibile e lui ci prova ma con evidente fatica.
Da quel 25 aprile, quando raggiunse l'apice della popolarità e del consenso abbigliandosi da padre della Patria con al collo la sciarpa da partigiano, sembra passato un secolo. Molte cose sono cambiate nel suo pubblico e nel suo privato, nel suo modo di gestire, nel suo eloquio e forse nei suoi pensieri. Ma una cosa non è cambiata nonostante gli appelli del Quirinale ad una tregua almeno fino al G8: continua ad insultare la sinistra "un cadavere che ingombra, un branco di comunisti, un'accozzaglia senza idee". E continua ad indicare al pubblico ludibrio "i giornali eversivi ai quali gli imprenditori dovrebbero negare la pubblicità". Nel frattempo gli incidenti di percorso si susseguono. L'ultimo, forse il più grave, è stato l'improvvida cena in casa del giudice costituzionale Mazzella il quale, insieme all'altro suo collega Napolitano, ha anche reagito pubblicamente con una lettera al premier con lui stesso concordata. Non staremo qui a ripetere le considerazioni su questo comportamento irrituale e su quell'incontro gastronomico tra "compagni di merende" come li ha giustamente definiti il collega Massimo Giannini. Sarebbe stato grave anche se il solo convitato dei due giudici della Corte fosse stato il presidente del Consiglio, vecchio amico ed elettore di entrambi; ma c'erano anche il ministro della Giustizia e il presidente della Commissione parlamentare, Vizzini, dando a quell'incontro un inequivocabile colore di cena di lavoro. La conseguenza è che la Corte faticherà non poco a scrollarsi di dosso il peso che gli è stato caricato sulle spalle da due dei suoi componenti. * * * Dicono i bene informati che la principale occupazione del premier nelle poche settimane che lo dividono da una lunga vacanza sarà l'economia, a cominciare dal G8 del prossimo 8 luglio. E c'è da crederci perché la crisi è ancora tutta davanti a noi. Il G8 deciderà ben poco. Non è più lì che si gioca la partita, ormai trasmigrata nei consessi dove si misurano i veri grandi della scena economica mondiale. L'intervista ad un giornale italiano in vista del G8 Barack Obama l'ha data all'Avvenire. Non vende molto l'Avvenire ma rappresenta la Conferenza episcopale e Obama voleva parlare dell'incontro che avrà col papa sabato prossimo appena liberatosi dal meeting dell'Aquila. Obama non appartiene alla categoria berlusconiana e tremontiana di quelli che sostengono che il peggio sia passato. Al contrario: lui sostiene che il peggio viene adesso con una valanga di disoccupati e con una secca diminuzione dei redditi di lavoro. Ci siamo già occupati domenica scorsa di questo problema. Ieri ne ha scritto con la competenza che gli è propria Luigi Spaventa, perciò non ripeterò i suoi giudizi e la sua analisi. Aggiungo soltanto che, dai documenti inviati in Parlamento dallo stesso Tremonti risulta quanto segue: 1. I dati sull'andamento del deficit, del fabbisogno, delle entrate, delle spese, del debito pubblico, forniti dal Tesoro sono esattamente quelli anticipati dall'Istat, dalla Banca d'Italia, dall'Ocse, dalla Commissione di Bruxelles, che il ministro aveva definito "congetture inutilmente allarmistiche". 2. Tra quei dati segnalo una spesa che cresce a ritmo sostenuto, un deficit che supererà il 5 per cento sul Pil, un debito pubblico a 119 per cento sul Pil, le entrate tributarie in forte calo, la disoccupazione in netto aumento. 3. Quelle congetture oggi interamente accolte dal Tesoro avrebbero dovuto suggerire al ministro di scusarsi con chi aveva dileggiato. Ovviamente non si è scusato. 4. Quanto ai provvedimenti per stimolare il sistema produttivo avevo scritto che entreranno concretamente in vigore tra l'inverno e l'estate del 2010 e così risulta dalle carte rese pubbliche da Tremonti. Scrissi che si trattava di salvagenti gettati in mare a qualche chilometro di distanza dai naufraghi. Ed è esattamente così. * * * Poniamoci adesso la domanda: a che punto è quest'opposizione cadaverica della quale straparla il presidente del maggior partito italiano? A che punto è il Partito democratico che si prepara al suo congresso fondativo? Il dibattito nel partito è in pieno corso e si svolge, almeno per ora, con sufficiente civiltà. Né mi sembra che abbia paralizzato la reattività del partito nei confronti di quanto accade nel paese. Il timore manifestato da molti d'una introversione del Pd su se stesso non mi sembra si stia affatto verificando e d'altra parte sarebbe impossibile che ciò accadesse di fronte a quanto ora sta avvenendo nel paese. In questa prima settimana congressuale si sono verificati in ordine cronologico i seguenti fatti: si sono riuniti a Torino i giovani del gruppo di Piombino che vogliono esser rappresentati da un proprio candidato; è stato ufficiato in questo senso il sindaco di Torino; dopo una breve riflessione Chiamparino ha declinato l'offerta e resterà al suo posto di sindaco fino al 2011 per poi forse candidarsi alla Regione Piemonte. Secondo me ha fatto benissimo. Bersani ha presentato la sua candidatura e il suo programma al teatro Ambra Jovinelli di Roma. Franceschini ha anche lui annunciato la sua candidatura e presenterà il programma tra pochi giorni. Walter Veltroni ha riunito al teatro Capranica di Roma quelli che parteciparono due anni fa alla fondazione del Pd al Lingotto di Torino ed ha rievocato il programma che espose in quell'occasione indicando i problemi del futuro e la missione che il Pd è chiamato a svolgere. Hanno anche manifestato le loro tesi il gruppo cattolico di Fioroni, i liberaldemocratici di Rutelli, e sono più volte intervenuti Massimo D'Alema, Franco Marini, Piero Fassino, Sergio Cofferati, Massimo Cacciari. Infine ieri si è materializzato il terzo candidato nella persona di Ignazio Marino, sostenuto dai giovani quarantenni di Piombino. Chi assiste dall'esterno con partecipe attenzione a questo processo iniziale in vista del Congresso e delle successive primarie è indotto alle seguenti osservazioni. Bersani ha fatto appello con molta dignità ad un sentimento identitario. Il suo schieramento appare notevolmente compatto e coinvolge una parte notevole dei democratici di provenienza Ds. Ritiene che il partito debba fin d'ora indicare le sue alleanze in vista d'una coalizione che comprenda possibilmente tutto il vasto arco delle opposizioni da Casini fino alla sinistra di Ferrero. Sarà la coalizione a indicare con le primarie il candidato alla "premiership" quando ci saranno le elezioni politiche a fine legislatura. Lo schieramento che si sta formando attorno a Franceschini è più variegato. Riafferma la sua vocazione maggioritaria e il bipolarismo. Coinvolge una parte degli ex Ds, buona parte della ex Margherita, buona parte dell'elettorato giovanile. Bersani punta le sue carte principalmente sul Congresso; Franceschini principalmente sulle successive primarie. La visione di Bersani è più rivolta ai militanti, quella di Franceschini tende a captare elettori al centro e a sinistra che attualmente sono esterni rispetto al Pd. Tutti e due cercano di riportare in linea la vasta platea degli astenuti. Il tema della laicità e del laicismo è improvvisamente balzato in prima linea, sia pure con differenti tonalità, nel discorso pubblico del Pd. Per lungo tempo non è stato così, segno che il sentimento pubblico è cambiato. Ignazio Marino, il terzo uomo, fa addirittura della laicità il suo tema principale se non addirittura esclusivo. Mi permetto di dire, da laico di vecchia data, che un partito complesso e riformista come è e vuole essere il Pd non può puntare sul laicismo tutte le sue carte. Diventerebbe fondamentalista e si ridurrebbe a pura e inefficace testimonianza. Questi, caro Marino, non sono tempi di testimonianza ma tempi di dura battaglia su tutti i fronti del riformismo. Ci vorrebbe per il Pd un Barack Obama, come ha detto Veltroni. Purtroppo non c'è, non se ne abbiano a male gli esponenti del Pd. Non c'è tra gli anziani né tra i giovani. Tanto più importante è che a questa mancanza si supplisca con una buona squadra che si valga dei talenti e non soltanto dei cooptati, giovani o anziani che siano. Purché l'accesso sia aperto. Purché i valori siano condivisi e purché servano a ispirare progetti concreti, seriamente pensati e tenacemente perseguiti. Quanto alla vecchia questione del partito radicato sul territorio, questa è perfino una tautologia: se non opera sul territorio e sui bisogni che il territorio esprime, un partito non esiste. Ma non esiste neppure se non ha una salda visione nazionale ed europea. Tra alcuni errori che possono essere rimproverati e dei quali lui stesso con notevole umiltà si rimprovera, questo è il lascito più importante di Veltroni che va meditato e raccolto.

giovedì 2 luglio 2009

Il Times su Berlusconi


LONDRA - "Da eroe a buffone": così il Times di Londra riassume gli ultimi mesi per Silvio Berlusconi. Ovvero dal ruolo di salvatore nei giorni del terremoto in Abruzzo, quando il premier volava nei sondaggi, alle sempre più frequenti contestazioni, ai fischi, agli insulti come appunto "buffone", che accompagnano le sue apparizioni, come accaduto dopo la sciagura di Viareggio. Il premier, scrive il quotidiano londinese, sembra sorpreso ed incerto davanti al mutato atteggiamento dell'opinione pubblica nei suoi confronti: lui che è sempre stato "orgoglioso del suo rapporto con l'uomo della strada", all'improvviso si sente messo nel mirino. E reagisce, afferma il Times, dando prova di nervosismo e frustrazione, con le solite accuse a "comunisti e complottatori". Un secondo articolo, sul medesimo giornale, riferisce le rivelazioni di Domenico Cozzolino, il finto fidanzato di Noemi Letizia, che ha raccontato a un settimanale di come il suo presunto rapporto con la 18enne napoletana "è stato organizzato da qualcuno" nei giorni successivi alla festa di compleanno della ragazza a cui partecipò Berlusconi, e da cui è iniziato lo scandalo. Il Times ha chiesto a un portavoce di Palazzo Chigi se questo "qualcuno" sia il premier, ma ha ricevuto solo un "no comment". Il giornale nota che tutta la vicenda ha provocato la crescente ira del Vaticano e scrive che, dopo le critiche di giornali e cardinali cattolici, perfino il papa ha "apparentemente alluso al primo ministro" quando l'altro giorno ha sottolineato "l'importanza dell'etica e della morale in politica".
Sempre sul Times, un terzo articolo affronta un tema lateralmente collegato al caso Berluscono: quello di giovani donne che si accompagnano per denaro a uomini anziani, ricchi e potenti. Alcune sono escrt, altre lo fanno senza arrivare necessariamnete al sesso, altre ancora fanno anche sesso ma invece di denaro ricevono regali, viaggi, favori. Il quotidiano ne fa parlare una, che cerca i suoi clienti su un sito chiamato Sugar Daddy", in italiuano diremmo "Paparino".

mercoledì 24 giugno 2009

La verità che non può dire

GIUSEPPE D'AVANZO - Repubblica.it

Berlusconi esige da noi, per principio e diritto divino, come se davvero fosse "unto dal Signore", la passiva accettazione dei suoi discorsi. Pretende che non ci siano repliche o rilievi alle sue parole. Reclama per sé il monopolio di un'apparenza che si cucina in casa con i cuochi di famiglia. Senza contraddittorio, senza una domanda, senza un'increspatura, senza la solidità dei fatti da lui addirittura non contraddetti, senza un estraneo nei dintorni. Vuole solo famigli e salariati. Con loro, il Cavaliere frantuma la realtà degradata che vive. La rimonta come gli piace a mano libera e ce la consegna pulita e illuminata bene. A noi tocca soltanto diventare spettatori - plaudenti - della sua performance. Berlusconi ci deve immaginare così rincitrulliti da illuderci di poter capire qualcosa di quel che accade (è accaduto) non servendoci di ciò che sappiamo, ma credendo a ciò che egli ci rivela dopo aver confuso e oscurato quel che già conosciamo. Quindi, via ogni fatto accertato o da lui confessato; via le testimonianze scomode; via documenti visivi; via i giornalisti impiccioni e ostinati che possono ricordarglieli; via anche l'anchorman gregario e quindi preferito; via addirittura la televisione canaglia che da una smorfia può rivelare uno stato d'animo e una debolezza. Berlusconi, che pare aver smarrito il suo grandioso senso di sé, si rimpannuccia sul divano di casa affidandosi alle calde cure del direttore di Chi. Insensibile alle contraddizioni, non si accorge dell'impudico paradosso: censurare i presunti pettegolezzi dalle colonne di un settimanale della sua Mondadori, specializzato in gossip. Dimentico di quanto poca fortuna gli abbia portato il titolo di Porta a Porta (5 maggio) "Adesso parlo io" (di Veronica e di Noemi), ci riprova. "Adesso parlo io" strilla la copertina di Chi. Il palinsesto è unico.
In un'atmosfera da caminetto, il premier ricompone la solita scena patinata da fotoromanzo a cui non crede più nessuno, neppure nel suo campo. La tavolozza del colore è sempre quella: una famiglia unita nel ricordo sempre vivo di mamma Rosa e nell'affetto dei figli; l'amore per Veronica ferito - certo - ma impossibile da cancellare; la foto con il nipotino; una vita irreprensibile che non impone discolpa; l'ingenuità di un uomo generoso e accogliente che non si è accorto della presenza accanto a lui, una notte, di una "squillo" di cui naturalmente non ha bisogno e non ha pagato perché da macho latino conserva ancora il "piacere della conquista". Acconciata così la sua esistenza che il più benevolo oggi definisce al contrario "licenziosa", chi la racconta in altro modo non può essere che un "nemico". Da un'inimicizia brutale sono animati i giornali che, insultati ma non smentiti, raccontano quel che accade nelle residenze del presidente. Antagonisti malevoli, prevenuti o interessati sono quegli editori che non azzittiscono d'imperio le loro redazioni. C'è qualcosa di luciferino (o di vagamente folle) nella pretesa che l'opinione pubblica - pur manipolata da un'informazione servile - s'ingozzi con questo intruglio. Dimentico di governare un Paese occidentale, una società aperta, una democrazia (ancora) liberale, il capo del governo pare convinto che, ripetendo con l'insistenza di un disco rotto, la litania della sua esemplare "storia italiana" possa rianimare l'ormai esausta passione nazionale per l'infallibilità della sua persona. È persuaso che, mentendo, gli riesca di sollecitare ancora un odio radicale (nell'odio ritrova le energie smarrite e il consenso dei "fanatizzati") contro chi intravede e racconta e si interroga - nell'interesse pubblico - sui lati bui della sua vita che ne pregiudicano la reputazione di uomo di governo e, ampiamente, la sua affidabilità internazionale. Berlusconi sembra non voler comprendere quanto grave - per sé e per il Paese - sia la situazione in cui si è cacciato e ha cacciato la rispettabilità dell'Italia. Ha voluto convertire, con un tocco magico e prepotente, le "preferite" del suo harem in titolari della sovranità popolare trasformando il suo privato in pubblico. Non ha saputo ancora spiegare, dopo averlo fatto con parole bugiarde, la frequentazione di minorenni che ora passeggiano, minacciose, dinanzi al portone di Palazzo Chigi. Ha intrattenuto rapporti allegri con un uomo che, per business, ha trasformato le tangenti alla politica in meretricio per i politici. Il capo del governo deve ora fronteggiare i materiali fonici raccolti nella sua stanza da letto da una prostituta e le foto scattate da "ragazze-immagine", qualsiasi cosa significhi, nel suo bagno privato mentre ogni giorno propone il nome nuovo di una "squillo" che ha partecipato alle feste a Villa Certosa o a Palazzo Grazioli (che pressione danno a Berlusconi, oggi?). La quieta scena familiare proposta da Chi difficilmente riuscirà a ridurre la consistenza di quel che, all'inizio di questa storia tragica, si è intravisto e nel prosieguo si è irrobustito: la febbre di Berlusconi, un'inclinazione psicopatologica, una sexual addiction sfogata in "spettacolini" affollati di prostitute, minorenni, "farfalline", "tartarughine", "bamboline" coccolate da "Papi" tra materassi extralarge nei palazzi del governo ornati dal tricolore. Una condizione (uno scandalo) che impone di chiedere, con la moglie, quale sia oggi lo stato di salute del presidente del Consiglio; quale sia la sua vulnerabilità politica; quanta sia l'insicurezza degli affari di Stato; quale sia la sua ricattabilità personale. Come possono responsabilmente, questi "buchi", essere liquidati come affari privati? La riduzione a privacy di questo deficit di autorità e autorevolezza non consentirà a Berlusconi di tirarsi su dal burrone in cui è caduto da solo. Ipotizzare un "mandato retribuito" per la "escort" che ricorda gli incontri con il presidente a Palazzo Grazioli è una favola grottesca prima di essere malinconica (la D'Addario è stata prima intercettata e poi convocata come persona informata dei fatti). Evocare un "complotto" di questo giornale è soltanto un atto di intimidazione inaccettabile. Ripetendo sempre gli stessi passi come un automa, lo stesso ritornello come un cantante che conosce una sola canzone, Berlusconi appare incapace di dire quelle parole di verità che lo toglierebbero d'impaccio. Non può dirle, come è sempre più chiaro. La sua vita, e chi ne è stato testimone, non gli consente di dirle. È questo il macigno che oggi il capo del governo si porta sulle spalle. Non riuscirà a liberarsene mentendo. Non sempre la menzogna è più plausibile della realtà. Soprattutto quando un Paese desidera e si aspetta di sentire la verità su chi (e da chi) lo governa.
(24 giugno 2009)

martedì 23 giugno 2009

Neda wanted freedom for everyone


Neda Agha-Soltan, who was shot dead by the Islamic regime of Iran's security forces on Saturday 20 June, wanted freedom for everyone.In interviews with the press, her fiancee, Caspian Makan, said 'Neda was never supportive of either group [referring to the factions in the regime]. She wanted freedom; Freedom for everyone.'Her murder has become a rallying point across the world.He went on to say: "She was near the area, a few streets away, from where the main protests were taking place, near the Amir-Abad area. She was with her music teacher, sitting in a car and stuck in traffic.
"She was feeling very tired and very hot. She got out of the car for just a few minutes.
"That's when she was shot dead. Eyewitnesses and video footage of the shooting clearly show that probably Basij paramilitaries in civilian clothing deliberately targeted her. Eyewitnesses said they clearly targeted her and she was shot in the chest.
"She passed away within a few minutes. People tried to take her to the nearest hospital, the Shariati hospital. But it was too late."
Makan said Neda's family struggled to persuade the Iranian authorities to release her body.
"She was taken to a morgue outside Tehran. The officials from the morgue asked if they could use parts of her corpse for body transplants for medical patients," he said.
"They didn't specify what exactly they intended to do. Her family agreed because they wanted to bury her as soon as possible.
"We buried her in the Behesht-e-Zahra cemetery in southern Tehran. They asked us to bury her in this section where it seemed the authorities had set aside spaces for graves for those killed during the violent clashes in Tehran last week."The regime banned her family from holding a public funeral.He continued: 'She only ever said that she wanted one thing, she wanted freedom for the people of Iran.’The white-haired man who is seen pressing on her chest in the video and repeatedly saying 'don't be afraid, Neda dear, don't be afraid' was actually her music teacher.

AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE AL GOVERNO DI NON USARE LA MILIZIA BASIJ COME FORZE DI POLIZIA CONTRO I MANIFESTANTI

COMUNICATO STAMPA CS084-2009

A seguito delle notizie relative all’uso di forza eccessiva da parte della milizia Basij contro i dimostranti e alla luce della storia di violazioni impunite commesse da questo settore dei servizi di sicurezza, Amnesty International ha chiesto al governo iraniano di sospendere immediatamente il loro impiego come forze di polizia nel corso delle manifestazioni.
La milizia Basij e' una forza paramilitare composta da uomini e donne, che agisce sotto il controllo dei Corpi delle guardie rivoluzionarie islamiche. I suoi membri vengono reclutati nelle scuole, nelle universita', nelle istituzioni private e statali, nelle fabbriche e nelle tribu' e sono spesso impiegati per mantenere la legge e l’ordine pubblico, nonche' per reprimere il dissenso. Queste milizie sono note per usare metodi estremamente brutali.
Molte persone che hanno preso parte alle manifestazioni degli ultimi giorni hanno denunciato la presenza di persone armate e prive di uniforme, sospettate di essere Basij, che hanno fatto ricorso alla forza eccessiva, sparato ed eseguito pestaggi contro i dimostranti. Le immagini di un membro della milizia che apre il fuoco sulla folla da un edificio, nel corso delle manifestazioni di lunedi' 15 in cui sono state uccise almeno otto persone, avrebbero dovuto sollecitare le autorita' ad aprire un’immediata indagine e a dare precise istruzioni al fine di prevenire ulteriori perdite di vite umane. Un altro video, quello della morte della giovane Neda, chiamerebbe in causa le responsabilita' della milizia Basij.
Anziche' aprire un’indagine sulle uccisioni dei manifestanti, il governo ha minacciato che ulteriori proteste sarebbero state represse "con metodi rivoluzionari" dai Corpi delle guardie rivoluzionarie islamiche, dalla milizia Basij, dalla polizia e dalle forze di sicurezza.
'Gli iraniani e le iraniane che vogliono esprimere pacificamente la propria opposizione ai risultati elettorali non hanno modo di farlo, dato che a contrastarli c’e' una violenza legittimata dalla piu' alta autorita'
del paese" – ha dichiarato Hassiba Haji Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. "Il governo deve consentire lo svolgimento delle proteste pacifiche e togliere dalle strade la milizia Basij. Le operazioni di polizia nel corso delle manifestazioni devono essere lasciate alle forze regolari, adeguatamente addestrate ed equipaggiate'.
Dopo che venerdi' scorso la Guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, aveva chiesto la fine delle proteste, nei giorni successivi vi sono state altre manifestazioni a Teheran e in altre citta' del paese. Sabato 20, secondo le autorita', 13 persone sono state uccise e molti di piu' sono stati i feriti. Ieri, lunedi' 22, un’ulteriore manifestazione nella capitale e'
stata interrotta da gas lacrimogeni e arresti.
'Le recenti dichiarazioni della polizia, che ha negato di aver aperto il fuoco contro i manifestanti, e quelle del procuratore generale di Teheran, secondo il quale le uccisioni sono state opera di ‘terroristi armati’, appaiono come il tentativo dello stato di dissociarsi dalla violenza' – ha proseguito Hassiba Haji Sahraoui. 'E' piu' che mai necessario fermare l’azione della milizia Basij, i cui membri non possono essere identificati dai manifestanti e non sono obbligati a rispondere delle violazioni dei diritti umani. Se le autorita' non riescono a controllare queste milizie, le sciolgano. e' irresponsabile fornire loro le armi e poi sottrarsi alle accuse quando con quelle armi vengono commesse violazioni dei diritti uman'".
Amnesty International chiede al governo iraniano di indagare a fondo su tutte le uccisioni, comprese possibili esecuzioni extragiudiziali, e di portare i responsabili di fronte alla giustizia.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 23 giugno 2009
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell.348-6974361, e-mail press@amnesty.it

sabato 20 giugno 2009

Tehran, Mousavi challenge Khamenei. It will make the anti-regime

THE EVENT - According to a source, who remained anonymous, the event will be held in Enghelab Square, in Tehran, at 16:00 local time (when in Italy will be 13:30) as announced by Karroubi. The news was confirmed by Twitter (which is replacing the traditional means of communication to give information on the protests): According to the messages that the Iranian sailors put on their profiles, the event was a piazza Enghelab confirmed by Mir Hossein Moussavi.

REPLICA OF THE SYSTEM - The replica of the system but has not made wait. The Iranian authorities have asked Mousavi, losing out by the challenge to the chair with Mahmoud Ahmadinejad, not 'cause illegal events and not support these gatherings,' said the official agency ISNA. "Instead of accusing the police or military forces (...) we expect you to avoid causing illegal demonstrations and not hold these gatherings," said Abbas Mohtaj, secretary of the National Security Council, which depends on the Ministry of Interior. Officials in Tehran said that Mousavi "will be held responsible for the consequences of illegal demonstrations."

venerdì 19 giugno 2009

IRAN: IL DISCORSO DI KHAMENEI LEGITTIMA LA BRUTALITA' DELLA POLIZIA

Il discorso di questa mattina del Leader supremo iraniano, l’Ayatollah Khamenei, esprime la prontezza delle autorita' a reagire con violente restrizioni se le proteste continueranno, con il rischio di causare numerose vittime, ha dichiarato oggi Amnesty International.
'Siamo profondamente turbati dalle dichiarazioni rilasciate dall’Ayatollah Khamenei che sembrano dare semaforo verde alle forze di sicurezza per trattare con la violenza coloro che, esercitando il loro diritto di manifestazione ed espressione, stanno contestando', - ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. 'Temiamo che, se un gran numero di persone scendera' in strada nei prossimi due giorni, andra' incontro ad arresti arbitrari e a un uso eccessivo della forza, come gia' accaduto nei giorni scorsi, in particolare perche' il permesso di tenere una manifestazione a Teheran, per sabato 20 giugno, e' stato negato'.
In un discorso televisivo alla nazione durante il venerdi' di preghiera a Teheran, l’Ayatollah Khamenei ha chiesto la fine delle proteste contro i risultati elettorali. Invece di ammonire le forze di sicurezza, inclusa la milizia volontaria Basij, di agire con equilibrio e in conformita' alla legge, ha detto che se le persone continueranno a scendere in strada, saranno responsabili delle conseguenze.
'Riporre la responsabilita' della sicurezza sui manifestanti pacifici e non sulle forze di sicurezza e' per un capo di stato una grave inadempienza del proprio dovere e una licenza per abusi' – ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui.
Il diritto di riunirsi pacificamente e' sancito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l’Iran e' stato parte. Le forze di polizia devono ricorrere alla forza solo quando e' strettamente necessario e fino al punto richiesto ai fini dell’esercizio delle loro competenze.
Inoltre, non devono usare armi da fuoco se non quando e' strettamente inevitabile e per proteggere la vita. Il personale di polizia deve agire con equilibrio, contenere i danni a cose e a persone, rispettare e preservare la vita umana.
FINE DEL COMUNICATO

Roma, 19 giugno 2009
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell.348-6974361, e-mail press@amnesty.it

mercoledì 17 giugno 2009

In email yeki az bachehaye daneshjooye pezeshki hast ke to irane


سلام
واقعا متاسفم از شرایطی که این روزها می بینم. من کاری به بحث هایی که تا اینجا شده ندارم چون نه توان بحث دارم نه تحمل اینهمه ندیدن و نشنیدن!من فقط چیزهایی رو که به عینه دیدم رو میگم. من دانشجوی پزشکی هستم. دیشب اورِانس یکی از بیمارستان های اصلی ما قیامت بود. در حالی که قرار بوده تمام مجروح ها به بیمارستان های بقیه الله و بیمارستان های ارتش برده بشن اونقدر زخمی بوده که به تمام بیمارستان ها سرر ریز شده. دیشب نه نفر تو بیمارستان ما فوت شدند و 28 زخمی تیر خورده بودند. تا صبح همه مسئولای دانشگاه تو بیمارستان گریه میکردند. جنازه های کشته شده ها رو با وانت بردند!!! حتی نذاشتند کسی اسم و رسمشون رو بفهمه. به کسایی که حتی حرمت مرده رو نگه نمی دارند چی میشه گفت؟کسی حق نداره با زخمی ها صحبتی کنه یا اطلاعاتی بگیره.صبح امروز استادها و دانشجوها در اعتراض به برخورد به برخوردهایی که شده و اینهمه کشته اعتصاب کردند و تو محوطه بیمارستان جمع شده اند ولی نیروهای ضد شورش و لباس شخصی وارد جمع شده اند و درهای بیمارستان رو بستند و زندانی شون کردند.اونقدر اوضاع زخمی ها خراب هست که اورژانس ما که قوی ترین طب اورژانس رو داره از دانشجوها خواسته که هرکسی که می تونه بمونه و کمک کنه. امشب مطمئنا اوضاع بدتر هم میشه.به تمام این جنایت ها چی میشه گفت؟به خانواده پسر 13 ساله ای که با گلوله کشته شده و حتی از جنازه اش خبری نیست چی می تونید بگین؟دیگه بحث تقلب نیست. دیگه بحث دزدیدن رای نیست. بحث ظلم عظیمی هست که به مردم می کنند. دست هر بچه 13 یا 14 ساله یه باتوم هست که بزنه تو سر و صورت یه عده خس و خاشاک!!! یه عده اوباش!همین چیزهاست که باعث میشه از خوندن این بحث ها حالم خراب بشه. از اینکه یه عده دوست دارند چشم و گوششون رو ببندند و بگن که اینهمه اعتراض به خاطر دشمنی با نظام و رییس جمهوره!! نه! اعتراض مردم به ظلمی هست که آشکارا به مردم میشه!

martedì 16 giugno 2009

Oil for Food

Ricordate la vicenda di Roberto Formigoni e Saddam?

sabato 13 giugno 2009

Purtroppo continua il regime sanguinario ed ultra conservatore iraniano

La gente non può essere felice per la recessione, l'inflazione, isolamento mondiale ed allo stesso tempo ringraziare il governo responsabile di questo, votando di nuovo il presidente uscente Ahmadinejed.

Secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni, Ahmadinejad avrebbe ottenuto il 65 per cento dei voti mentre Moussavi si sarebbe fermato al 31. È la stessa portata della vittoria a lasciare perplessi gli osservatori indipendenti: «nessuno escludeva la possibilità che il presidente in carica fosse rieletto, ma una vittoria con un così ampio margine è piuttosto strana».

Sogneremo una vera democrazia in Iran.

giovedì 11 giugno 2009

mercoledì 10 giugno 2009

La legge del bavaglio

GIUSEPPE D'AVANZO

L'agenda delle priorità di Silvio Berlusconi continua ad essere ad personam. Quindi, che la ricreazione continui, con buona pace di Emma Marcegaglia. Sostegno alle imprese e a chi perde il lavoro? Possono attendere. Per la bisogna sono sufficienti, al premier, un paio di bubbole nel tempio di cartapesta di Porta a porta (4 giugno): "Oggi non c'è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C'è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto".
Il Cavaliere diventa meno fantasioso quando si muove nel suo interesse. Teme le intercettazioni (non si sa mai, con quel che combina al telefono) e paventa le cronache come il diavolo l'acqua santa. Si muove con molta concretezza, in questi casi. Prima notizia post-elettorale, dunque: il governo impone la fiducia alla Camera e oggi sarà legge il disegno che diminuisce l'efficacia delle investigazioni, cancella il dovere della cronaca, distrugge il diritto del cittadino di essere informato. Con buona pace (anche qui) della sicurezza dei cittadini di un Paese che forma il 10 per cento del prodotto interno lordo nelle pieghe del crimine, le investigazioni ne usciranno assottigliate, impoverite.
L'ascolto telefonico, ambientale, telematico da mezzo di ricerca della prova si trasforma in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita. Un optional, per capirci. Un rosario di adempimenti, motivazioni, decisioni collegiali e nuovi carichi di lavoro diventeranno sabbia in un motore già arrugginito avvicinando la machina iustitiae al limite di saturazione che decreta l'impossibilità di celebrare il processo, un processo (appare sempre di più questo il cinico obiettivo "riformatore" del governo). Ancora. Soffocare in sessanta giorni il limite temporale degli ascolti (un'ulteriore stretta: si era parlato di tre mesi) "vanifica gli sforzi investigativi delle forze dell'ordine e degli uffici di procura", come inutilmente ha avvertito il Consiglio superiore della magistratura.
Sistemata in questo modo l'attività d'indagine, il lavoro non poteva dirsi finito se anche l'informazione, il diritto/dovere di cronaca, non avesse pagato il suo prezzo. Con un tratto di penna la nuova legge estende il regime che oggi regola gli atti giudiziari coperti dal segreto anche agli atti non più coperti dal segreto "fino alla conclusioni delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare". Prima di questo limite "sarà vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e degli atti delle conversazioni telefoniche anche se non più coperti dal segreto".
Si potrà dire che si indaga su una clinica privata abitata da medici ossessionati dal denaro che operano i pazienti anche se non è necessario. Non si potrà dire qual è quell'inferno dei vivi e quanti e quali pasticci hanno organizzato accordandosi al telefono. Lo si potrà fare soltanto a udienza preliminare conclusa (forse). Con i tempi attuali della giustizia italiana dopo quattro o sei anni. In alcuni patologici casi, dopo dieci.
Addio al giornalismo come servizio al lettore e all'opinione pubblica. Addio alle cronache che consentono di osservare da vicino come funzionano i poteri, lo Stato, i controlli, le autorità, la società. È vero, in alcuni casi l'ostinazione a raccontare le opacità del potere ha convinto il giornalismo ad andare oltre i confini del codice penale violando il segreto. È il suo mestiere, in fondo, perché la libertà di stampa è nata nell'interesse dei governati e non dei governanti e quindi non c'è nessuna ragione decorosa per non pubblicare documenti che raccontano alla pubblica opinione - ricordate un governatore della Banca d'Italia? - come un'autorità di vigilanza protegge (o non protegge) il risparmio e il mercato.
Naturalmente violare la legge, anche se in nome di un dovere professionale, significa accettarne le conseguenze. È proprio sulle conseguenze di violazioni (finora comunemente accettate) che la legge del governo lascia cadere un maglio sulla libertà di stampa. I cronisti che violeranno la consegna del silenzio saranno sospesi per tre mesi dall'Ordine dei giornalisti (sarà questa la vera punizione) e subiranno una condanna penale da sei mesi a tre anni di carcere (che potrà trasformarsi in sanzione pecuniaria, però). Ma non è questo che conta davvero, mi pare. Che volete che sia una multa, se si è fatto un lavoro decente?
La trovata del governo che cambia radicalmente le regole del gioco è un'altra. È la punizione economica inflitta all'editore che, per ogni "omesso controllo", potrà subire una sanzione pecuniaria (incarognita nell'ultimo testo) da 64.500 a 465mila euro. Come dire che a chi non tiene la bocca cucita su quel che sa - e che i lettori dovrebbero sapere - costerà milioni di euro all'anno la violazione della "consegna del silenzio", cifre ragguardevoli e, in molti casi, insostenibili per un settore che non è in buona salute.
L'innovazione legislativa - l'abbiamo già scritto - sposta in modo subdolo e decisivo la linea del conflitto. Era esterna e impegnava alla luce del sole la redazione, l'autorità giudiziaria, i lettori. Diventa interna e vede a confronto, in una stanza chiusa, le redazioni e le proprietà editoriali. La trovata trasferisce il conflitto nel giornale. L'editore ha ora un suo interesse autonomo a far sì che il giornale non pubblichi più quelle cronache. Si portano così le proprietà a intervenire direttamente nei contenuti del lavoro redazionale. Le si sollecita, volente o nolente, a occuparsi della materia informativa vera e propria, sindacando gli atti dei giornalisti. Il governo, nel progetto inviato al Parlamento, pretende addirittura che l'editore debba adottare "misure idonee a favorire lo svolgimento dell'attività giornalistica nel rispetto della legge e a scoprire ed a eliminare tempestivamente situazioni di rischio". È evidente che solo attraverso un controllo continuativo e molto interno dell'attività giornalistica è possibile "scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio". Di fatto, l'editore viene invitato a entrare nel lavoro giornalistico e a esprimere un sindacato a propria tutela.
Ecco dunque i frutti intossicati della legge che oggi sarà approvata, senza alcuna discussione, a Montecitorio: la magistratura avrà meno strumenti per proteggere il Paese dal crimine e gli individui dall'insicurezza quotidiana; si castigano i giornalisti che non tengono il becco chiuso anche se sanno come vanno le cose; si punisce l'editore spingendolo a mettere le mani nella fattura del giornale. E quel che conta di più, voi - cari lettori - non conoscerete più (se non a babbo morto) le storie che spiegano il Paese, i comportamenti degli uomini che lo governano, i dispositivi che decidono delle vostre stesse vite. Sono le nuove regole di una "ricreazione" che non finisce mai.

martedì 9 giugno 2009

Vogliono imbavagliare anche internet

Ricevo e inoltro:

È passato l’emendamento D’Alia.

L ‘attacco finale alla democrazia è iniziato!
Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.
Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l ‘obbligo di denuncia per i medici dei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC), è stato introdotto l’articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”. Il testo la prossima settimana approderà alla Camera. E nel testo approdato alla Camera l’articolo è diventato il n. 60. Anche se il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della “Casta” che non vuole scollarsi dal potere.
In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo. Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all’estero. Il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine. L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali. Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge? Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, il blog di Beppe Grillo e tutta l’informazione libera che viaggia in rete e che nel nostro Paese è ormai l’unica fonte informativa non censurata. Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo, dove una media company, Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube. Vi rendete conto? Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia che vede un’impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario e d’interessi. Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.
Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet? Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l’Italia come la Cina e la Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile. È ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani. È in gioco davvero la democrazia!!!

lunedì 8 giugno 2009

Niente fischi all’imperatore

Tratto da Sito http://iogiocopulito.it/
Per il premier Silvio Berlusconi a Firenze solo applausi e ovazioni dai 2500 fan in delirio che hanno potuto assistere su schermo gigante all’incoronazione del candidato a sindaco Giovanni Galli, avvenuta nell’albergo davanti a una piazza Ognissanti blindata.Come mostra un video su You Tube (ovviamente ignorato dai telegiornali) per accedere alla piazza erano necessari requisiti di estrema devozione all’imperatore, anche se è molto difficile capire da cosa questi requisiti potevano esser manifestati: taglio di capelli? Vestiti? Volto minaccioso e antiberlusconiano o meno? O forse la tessera del Pdl, come riportano alcuni giornali nelle pagine fiorentine?A svolgere il ruolo di selezionatori, sotto l’occhio vigile degli agenti di polizia, c’erano noti esponenti politici fiorentini, come il senatore Achille Totaro e il giovane consigliere comunale Giovanni Donzelli. Si vede proprio Donzelli alla fine del video, mentre rivela i criteri di scelta per l’accesso alla piazza: “Qual è il problema? Volete andare a vedere Berlusconi perché lo volete applaudire? No? E allora…”. Insomma, meglio che neppure il maxischermo possa esser fischiato e contestato, per non parlare dell’eventualità che nel breve tragitto fra l’automobile e la porta dell’albergo arrivasse all’orecchio dell’imperatore qualche insulto. E’ questione di buona educazione e i sudditi fiorentini del Pdl ci tengono molto a quanto pare.A Prato poche ore dopo è successo anche di peggio, con cariche di poliziotti e carabinieri contro ragazze e ragazzi colpevoli soltanto di brandire qualche striscione non inneggiante all’imperatore. Il dissenso non è più ammesso o almeno non così vicino alle telecamere, un po’ più in là si può ancora.

Giampiero Calapà