mercoledì 24 giugno 2009

La verità che non può dire

GIUSEPPE D'AVANZO - Repubblica.it

Berlusconi esige da noi, per principio e diritto divino, come se davvero fosse "unto dal Signore", la passiva accettazione dei suoi discorsi. Pretende che non ci siano repliche o rilievi alle sue parole. Reclama per sé il monopolio di un'apparenza che si cucina in casa con i cuochi di famiglia. Senza contraddittorio, senza una domanda, senza un'increspatura, senza la solidità dei fatti da lui addirittura non contraddetti, senza un estraneo nei dintorni. Vuole solo famigli e salariati. Con loro, il Cavaliere frantuma la realtà degradata che vive. La rimonta come gli piace a mano libera e ce la consegna pulita e illuminata bene. A noi tocca soltanto diventare spettatori - plaudenti - della sua performance. Berlusconi ci deve immaginare così rincitrulliti da illuderci di poter capire qualcosa di quel che accade (è accaduto) non servendoci di ciò che sappiamo, ma credendo a ciò che egli ci rivela dopo aver confuso e oscurato quel che già conosciamo. Quindi, via ogni fatto accertato o da lui confessato; via le testimonianze scomode; via documenti visivi; via i giornalisti impiccioni e ostinati che possono ricordarglieli; via anche l'anchorman gregario e quindi preferito; via addirittura la televisione canaglia che da una smorfia può rivelare uno stato d'animo e una debolezza. Berlusconi, che pare aver smarrito il suo grandioso senso di sé, si rimpannuccia sul divano di casa affidandosi alle calde cure del direttore di Chi. Insensibile alle contraddizioni, non si accorge dell'impudico paradosso: censurare i presunti pettegolezzi dalle colonne di un settimanale della sua Mondadori, specializzato in gossip. Dimentico di quanto poca fortuna gli abbia portato il titolo di Porta a Porta (5 maggio) "Adesso parlo io" (di Veronica e di Noemi), ci riprova. "Adesso parlo io" strilla la copertina di Chi. Il palinsesto è unico.
In un'atmosfera da caminetto, il premier ricompone la solita scena patinata da fotoromanzo a cui non crede più nessuno, neppure nel suo campo. La tavolozza del colore è sempre quella: una famiglia unita nel ricordo sempre vivo di mamma Rosa e nell'affetto dei figli; l'amore per Veronica ferito - certo - ma impossibile da cancellare; la foto con il nipotino; una vita irreprensibile che non impone discolpa; l'ingenuità di un uomo generoso e accogliente che non si è accorto della presenza accanto a lui, una notte, di una "squillo" di cui naturalmente non ha bisogno e non ha pagato perché da macho latino conserva ancora il "piacere della conquista". Acconciata così la sua esistenza che il più benevolo oggi definisce al contrario "licenziosa", chi la racconta in altro modo non può essere che un "nemico". Da un'inimicizia brutale sono animati i giornali che, insultati ma non smentiti, raccontano quel che accade nelle residenze del presidente. Antagonisti malevoli, prevenuti o interessati sono quegli editori che non azzittiscono d'imperio le loro redazioni. C'è qualcosa di luciferino (o di vagamente folle) nella pretesa che l'opinione pubblica - pur manipolata da un'informazione servile - s'ingozzi con questo intruglio. Dimentico di governare un Paese occidentale, una società aperta, una democrazia (ancora) liberale, il capo del governo pare convinto che, ripetendo con l'insistenza di un disco rotto, la litania della sua esemplare "storia italiana" possa rianimare l'ormai esausta passione nazionale per l'infallibilità della sua persona. È persuaso che, mentendo, gli riesca di sollecitare ancora un odio radicale (nell'odio ritrova le energie smarrite e il consenso dei "fanatizzati") contro chi intravede e racconta e si interroga - nell'interesse pubblico - sui lati bui della sua vita che ne pregiudicano la reputazione di uomo di governo e, ampiamente, la sua affidabilità internazionale. Berlusconi sembra non voler comprendere quanto grave - per sé e per il Paese - sia la situazione in cui si è cacciato e ha cacciato la rispettabilità dell'Italia. Ha voluto convertire, con un tocco magico e prepotente, le "preferite" del suo harem in titolari della sovranità popolare trasformando il suo privato in pubblico. Non ha saputo ancora spiegare, dopo averlo fatto con parole bugiarde, la frequentazione di minorenni che ora passeggiano, minacciose, dinanzi al portone di Palazzo Chigi. Ha intrattenuto rapporti allegri con un uomo che, per business, ha trasformato le tangenti alla politica in meretricio per i politici. Il capo del governo deve ora fronteggiare i materiali fonici raccolti nella sua stanza da letto da una prostituta e le foto scattate da "ragazze-immagine", qualsiasi cosa significhi, nel suo bagno privato mentre ogni giorno propone il nome nuovo di una "squillo" che ha partecipato alle feste a Villa Certosa o a Palazzo Grazioli (che pressione danno a Berlusconi, oggi?). La quieta scena familiare proposta da Chi difficilmente riuscirà a ridurre la consistenza di quel che, all'inizio di questa storia tragica, si è intravisto e nel prosieguo si è irrobustito: la febbre di Berlusconi, un'inclinazione psicopatologica, una sexual addiction sfogata in "spettacolini" affollati di prostitute, minorenni, "farfalline", "tartarughine", "bamboline" coccolate da "Papi" tra materassi extralarge nei palazzi del governo ornati dal tricolore. Una condizione (uno scandalo) che impone di chiedere, con la moglie, quale sia oggi lo stato di salute del presidente del Consiglio; quale sia la sua vulnerabilità politica; quanta sia l'insicurezza degli affari di Stato; quale sia la sua ricattabilità personale. Come possono responsabilmente, questi "buchi", essere liquidati come affari privati? La riduzione a privacy di questo deficit di autorità e autorevolezza non consentirà a Berlusconi di tirarsi su dal burrone in cui è caduto da solo. Ipotizzare un "mandato retribuito" per la "escort" che ricorda gli incontri con il presidente a Palazzo Grazioli è una favola grottesca prima di essere malinconica (la D'Addario è stata prima intercettata e poi convocata come persona informata dei fatti). Evocare un "complotto" di questo giornale è soltanto un atto di intimidazione inaccettabile. Ripetendo sempre gli stessi passi come un automa, lo stesso ritornello come un cantante che conosce una sola canzone, Berlusconi appare incapace di dire quelle parole di verità che lo toglierebbero d'impaccio. Non può dirle, come è sempre più chiaro. La sua vita, e chi ne è stato testimone, non gli consente di dirle. È questo il macigno che oggi il capo del governo si porta sulle spalle. Non riuscirà a liberarsene mentendo. Non sempre la menzogna è più plausibile della realtà. Soprattutto quando un Paese desidera e si aspetta di sentire la verità su chi (e da chi) lo governa.
(24 giugno 2009)

martedì 23 giugno 2009

Neda wanted freedom for everyone


Neda Agha-Soltan, who was shot dead by the Islamic regime of Iran's security forces on Saturday 20 June, wanted freedom for everyone.In interviews with the press, her fiancee, Caspian Makan, said 'Neda was never supportive of either group [referring to the factions in the regime]. She wanted freedom; Freedom for everyone.'Her murder has become a rallying point across the world.He went on to say: "She was near the area, a few streets away, from where the main protests were taking place, near the Amir-Abad area. She was with her music teacher, sitting in a car and stuck in traffic.
"She was feeling very tired and very hot. She got out of the car for just a few minutes.
"That's when she was shot dead. Eyewitnesses and video footage of the shooting clearly show that probably Basij paramilitaries in civilian clothing deliberately targeted her. Eyewitnesses said they clearly targeted her and she was shot in the chest.
"She passed away within a few minutes. People tried to take her to the nearest hospital, the Shariati hospital. But it was too late."
Makan said Neda's family struggled to persuade the Iranian authorities to release her body.
"She was taken to a morgue outside Tehran. The officials from the morgue asked if they could use parts of her corpse for body transplants for medical patients," he said.
"They didn't specify what exactly they intended to do. Her family agreed because they wanted to bury her as soon as possible.
"We buried her in the Behesht-e-Zahra cemetery in southern Tehran. They asked us to bury her in this section where it seemed the authorities had set aside spaces for graves for those killed during the violent clashes in Tehran last week."The regime banned her family from holding a public funeral.He continued: 'She only ever said that she wanted one thing, she wanted freedom for the people of Iran.’The white-haired man who is seen pressing on her chest in the video and repeatedly saying 'don't be afraid, Neda dear, don't be afraid' was actually her music teacher.

AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE AL GOVERNO DI NON USARE LA MILIZIA BASIJ COME FORZE DI POLIZIA CONTRO I MANIFESTANTI

COMUNICATO STAMPA CS084-2009

A seguito delle notizie relative all’uso di forza eccessiva da parte della milizia Basij contro i dimostranti e alla luce della storia di violazioni impunite commesse da questo settore dei servizi di sicurezza, Amnesty International ha chiesto al governo iraniano di sospendere immediatamente il loro impiego come forze di polizia nel corso delle manifestazioni.
La milizia Basij e' una forza paramilitare composta da uomini e donne, che agisce sotto il controllo dei Corpi delle guardie rivoluzionarie islamiche. I suoi membri vengono reclutati nelle scuole, nelle universita', nelle istituzioni private e statali, nelle fabbriche e nelle tribu' e sono spesso impiegati per mantenere la legge e l’ordine pubblico, nonche' per reprimere il dissenso. Queste milizie sono note per usare metodi estremamente brutali.
Molte persone che hanno preso parte alle manifestazioni degli ultimi giorni hanno denunciato la presenza di persone armate e prive di uniforme, sospettate di essere Basij, che hanno fatto ricorso alla forza eccessiva, sparato ed eseguito pestaggi contro i dimostranti. Le immagini di un membro della milizia che apre il fuoco sulla folla da un edificio, nel corso delle manifestazioni di lunedi' 15 in cui sono state uccise almeno otto persone, avrebbero dovuto sollecitare le autorita' ad aprire un’immediata indagine e a dare precise istruzioni al fine di prevenire ulteriori perdite di vite umane. Un altro video, quello della morte della giovane Neda, chiamerebbe in causa le responsabilita' della milizia Basij.
Anziche' aprire un’indagine sulle uccisioni dei manifestanti, il governo ha minacciato che ulteriori proteste sarebbero state represse "con metodi rivoluzionari" dai Corpi delle guardie rivoluzionarie islamiche, dalla milizia Basij, dalla polizia e dalle forze di sicurezza.
'Gli iraniani e le iraniane che vogliono esprimere pacificamente la propria opposizione ai risultati elettorali non hanno modo di farlo, dato che a contrastarli c’e' una violenza legittimata dalla piu' alta autorita'
del paese" – ha dichiarato Hassiba Haji Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. "Il governo deve consentire lo svolgimento delle proteste pacifiche e togliere dalle strade la milizia Basij. Le operazioni di polizia nel corso delle manifestazioni devono essere lasciate alle forze regolari, adeguatamente addestrate ed equipaggiate'.
Dopo che venerdi' scorso la Guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, aveva chiesto la fine delle proteste, nei giorni successivi vi sono state altre manifestazioni a Teheran e in altre citta' del paese. Sabato 20, secondo le autorita', 13 persone sono state uccise e molti di piu' sono stati i feriti. Ieri, lunedi' 22, un’ulteriore manifestazione nella capitale e'
stata interrotta da gas lacrimogeni e arresti.
'Le recenti dichiarazioni della polizia, che ha negato di aver aperto il fuoco contro i manifestanti, e quelle del procuratore generale di Teheran, secondo il quale le uccisioni sono state opera di ‘terroristi armati’, appaiono come il tentativo dello stato di dissociarsi dalla violenza' – ha proseguito Hassiba Haji Sahraoui. 'E' piu' che mai necessario fermare l’azione della milizia Basij, i cui membri non possono essere identificati dai manifestanti e non sono obbligati a rispondere delle violazioni dei diritti umani. Se le autorita' non riescono a controllare queste milizie, le sciolgano. e' irresponsabile fornire loro le armi e poi sottrarsi alle accuse quando con quelle armi vengono commesse violazioni dei diritti uman'".
Amnesty International chiede al governo iraniano di indagare a fondo su tutte le uccisioni, comprese possibili esecuzioni extragiudiziali, e di portare i responsabili di fronte alla giustizia.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 23 giugno 2009
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell.348-6974361, e-mail press@amnesty.it

sabato 20 giugno 2009

Tehran, Mousavi challenge Khamenei. It will make the anti-regime

THE EVENT - According to a source, who remained anonymous, the event will be held in Enghelab Square, in Tehran, at 16:00 local time (when in Italy will be 13:30) as announced by Karroubi. The news was confirmed by Twitter (which is replacing the traditional means of communication to give information on the protests): According to the messages that the Iranian sailors put on their profiles, the event was a piazza Enghelab confirmed by Mir Hossein Moussavi.

REPLICA OF THE SYSTEM - The replica of the system but has not made wait. The Iranian authorities have asked Mousavi, losing out by the challenge to the chair with Mahmoud Ahmadinejad, not 'cause illegal events and not support these gatherings,' said the official agency ISNA. "Instead of accusing the police or military forces (...) we expect you to avoid causing illegal demonstrations and not hold these gatherings," said Abbas Mohtaj, secretary of the National Security Council, which depends on the Ministry of Interior. Officials in Tehran said that Mousavi "will be held responsible for the consequences of illegal demonstrations."

venerdì 19 giugno 2009

IRAN: IL DISCORSO DI KHAMENEI LEGITTIMA LA BRUTALITA' DELLA POLIZIA

Il discorso di questa mattina del Leader supremo iraniano, l’Ayatollah Khamenei, esprime la prontezza delle autorita' a reagire con violente restrizioni se le proteste continueranno, con il rischio di causare numerose vittime, ha dichiarato oggi Amnesty International.
'Siamo profondamente turbati dalle dichiarazioni rilasciate dall’Ayatollah Khamenei che sembrano dare semaforo verde alle forze di sicurezza per trattare con la violenza coloro che, esercitando il loro diritto di manifestazione ed espressione, stanno contestando', - ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. 'Temiamo che, se un gran numero di persone scendera' in strada nei prossimi due giorni, andra' incontro ad arresti arbitrari e a un uso eccessivo della forza, come gia' accaduto nei giorni scorsi, in particolare perche' il permesso di tenere una manifestazione a Teheran, per sabato 20 giugno, e' stato negato'.
In un discorso televisivo alla nazione durante il venerdi' di preghiera a Teheran, l’Ayatollah Khamenei ha chiesto la fine delle proteste contro i risultati elettorali. Invece di ammonire le forze di sicurezza, inclusa la milizia volontaria Basij, di agire con equilibrio e in conformita' alla legge, ha detto che se le persone continueranno a scendere in strada, saranno responsabili delle conseguenze.
'Riporre la responsabilita' della sicurezza sui manifestanti pacifici e non sulle forze di sicurezza e' per un capo di stato una grave inadempienza del proprio dovere e una licenza per abusi' – ha affermato Hassiba Hadj Sahraoui.
Il diritto di riunirsi pacificamente e' sancito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l’Iran e' stato parte. Le forze di polizia devono ricorrere alla forza solo quando e' strettamente necessario e fino al punto richiesto ai fini dell’esercizio delle loro competenze.
Inoltre, non devono usare armi da fuoco se non quando e' strettamente inevitabile e per proteggere la vita. Il personale di polizia deve agire con equilibrio, contenere i danni a cose e a persone, rispettare e preservare la vita umana.
FINE DEL COMUNICATO

Roma, 19 giugno 2009
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell.348-6974361, e-mail press@amnesty.it

mercoledì 17 giugno 2009

In email yeki az bachehaye daneshjooye pezeshki hast ke to irane


سلام
واقعا متاسفم از شرایطی که این روزها می بینم. من کاری به بحث هایی که تا اینجا شده ندارم چون نه توان بحث دارم نه تحمل اینهمه ندیدن و نشنیدن!من فقط چیزهایی رو که به عینه دیدم رو میگم. من دانشجوی پزشکی هستم. دیشب اورِانس یکی از بیمارستان های اصلی ما قیامت بود. در حالی که قرار بوده تمام مجروح ها به بیمارستان های بقیه الله و بیمارستان های ارتش برده بشن اونقدر زخمی بوده که به تمام بیمارستان ها سرر ریز شده. دیشب نه نفر تو بیمارستان ما فوت شدند و 28 زخمی تیر خورده بودند. تا صبح همه مسئولای دانشگاه تو بیمارستان گریه میکردند. جنازه های کشته شده ها رو با وانت بردند!!! حتی نذاشتند کسی اسم و رسمشون رو بفهمه. به کسایی که حتی حرمت مرده رو نگه نمی دارند چی میشه گفت؟کسی حق نداره با زخمی ها صحبتی کنه یا اطلاعاتی بگیره.صبح امروز استادها و دانشجوها در اعتراض به برخورد به برخوردهایی که شده و اینهمه کشته اعتصاب کردند و تو محوطه بیمارستان جمع شده اند ولی نیروهای ضد شورش و لباس شخصی وارد جمع شده اند و درهای بیمارستان رو بستند و زندانی شون کردند.اونقدر اوضاع زخمی ها خراب هست که اورژانس ما که قوی ترین طب اورژانس رو داره از دانشجوها خواسته که هرکسی که می تونه بمونه و کمک کنه. امشب مطمئنا اوضاع بدتر هم میشه.به تمام این جنایت ها چی میشه گفت؟به خانواده پسر 13 ساله ای که با گلوله کشته شده و حتی از جنازه اش خبری نیست چی می تونید بگین؟دیگه بحث تقلب نیست. دیگه بحث دزدیدن رای نیست. بحث ظلم عظیمی هست که به مردم می کنند. دست هر بچه 13 یا 14 ساله یه باتوم هست که بزنه تو سر و صورت یه عده خس و خاشاک!!! یه عده اوباش!همین چیزهاست که باعث میشه از خوندن این بحث ها حالم خراب بشه. از اینکه یه عده دوست دارند چشم و گوششون رو ببندند و بگن که اینهمه اعتراض به خاطر دشمنی با نظام و رییس جمهوره!! نه! اعتراض مردم به ظلمی هست که آشکارا به مردم میشه!

martedì 16 giugno 2009

Oil for Food

Ricordate la vicenda di Roberto Formigoni e Saddam?

sabato 13 giugno 2009

Purtroppo continua il regime sanguinario ed ultra conservatore iraniano

La gente non può essere felice per la recessione, l'inflazione, isolamento mondiale ed allo stesso tempo ringraziare il governo responsabile di questo, votando di nuovo il presidente uscente Ahmadinejed.

Secondo i dati diffusi dal ministero degli Interni, Ahmadinejad avrebbe ottenuto il 65 per cento dei voti mentre Moussavi si sarebbe fermato al 31. È la stessa portata della vittoria a lasciare perplessi gli osservatori indipendenti: «nessuno escludeva la possibilità che il presidente in carica fosse rieletto, ma una vittoria con un così ampio margine è piuttosto strana».

Sogneremo una vera democrazia in Iran.

giovedì 11 giugno 2009

mercoledì 10 giugno 2009

La legge del bavaglio

GIUSEPPE D'AVANZO

L'agenda delle priorità di Silvio Berlusconi continua ad essere ad personam. Quindi, che la ricreazione continui, con buona pace di Emma Marcegaglia. Sostegno alle imprese e a chi perde il lavoro? Possono attendere. Per la bisogna sono sufficienti, al premier, un paio di bubbole nel tempio di cartapesta di Porta a porta (4 giugno): "Oggi non c'è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C'è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto".
Il Cavaliere diventa meno fantasioso quando si muove nel suo interesse. Teme le intercettazioni (non si sa mai, con quel che combina al telefono) e paventa le cronache come il diavolo l'acqua santa. Si muove con molta concretezza, in questi casi. Prima notizia post-elettorale, dunque: il governo impone la fiducia alla Camera e oggi sarà legge il disegno che diminuisce l'efficacia delle investigazioni, cancella il dovere della cronaca, distrugge il diritto del cittadino di essere informato. Con buona pace (anche qui) della sicurezza dei cittadini di un Paese che forma il 10 per cento del prodotto interno lordo nelle pieghe del crimine, le investigazioni ne usciranno assottigliate, impoverite.
L'ascolto telefonico, ambientale, telematico da mezzo di ricerca della prova si trasforma in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita. Un optional, per capirci. Un rosario di adempimenti, motivazioni, decisioni collegiali e nuovi carichi di lavoro diventeranno sabbia in un motore già arrugginito avvicinando la machina iustitiae al limite di saturazione che decreta l'impossibilità di celebrare il processo, un processo (appare sempre di più questo il cinico obiettivo "riformatore" del governo). Ancora. Soffocare in sessanta giorni il limite temporale degli ascolti (un'ulteriore stretta: si era parlato di tre mesi) "vanifica gli sforzi investigativi delle forze dell'ordine e degli uffici di procura", come inutilmente ha avvertito il Consiglio superiore della magistratura.
Sistemata in questo modo l'attività d'indagine, il lavoro non poteva dirsi finito se anche l'informazione, il diritto/dovere di cronaca, non avesse pagato il suo prezzo. Con un tratto di penna la nuova legge estende il regime che oggi regola gli atti giudiziari coperti dal segreto anche agli atti non più coperti dal segreto "fino alla conclusioni delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare". Prima di questo limite "sarà vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e degli atti delle conversazioni telefoniche anche se non più coperti dal segreto".
Si potrà dire che si indaga su una clinica privata abitata da medici ossessionati dal denaro che operano i pazienti anche se non è necessario. Non si potrà dire qual è quell'inferno dei vivi e quanti e quali pasticci hanno organizzato accordandosi al telefono. Lo si potrà fare soltanto a udienza preliminare conclusa (forse). Con i tempi attuali della giustizia italiana dopo quattro o sei anni. In alcuni patologici casi, dopo dieci.
Addio al giornalismo come servizio al lettore e all'opinione pubblica. Addio alle cronache che consentono di osservare da vicino come funzionano i poteri, lo Stato, i controlli, le autorità, la società. È vero, in alcuni casi l'ostinazione a raccontare le opacità del potere ha convinto il giornalismo ad andare oltre i confini del codice penale violando il segreto. È il suo mestiere, in fondo, perché la libertà di stampa è nata nell'interesse dei governati e non dei governanti e quindi non c'è nessuna ragione decorosa per non pubblicare documenti che raccontano alla pubblica opinione - ricordate un governatore della Banca d'Italia? - come un'autorità di vigilanza protegge (o non protegge) il risparmio e il mercato.
Naturalmente violare la legge, anche se in nome di un dovere professionale, significa accettarne le conseguenze. È proprio sulle conseguenze di violazioni (finora comunemente accettate) che la legge del governo lascia cadere un maglio sulla libertà di stampa. I cronisti che violeranno la consegna del silenzio saranno sospesi per tre mesi dall'Ordine dei giornalisti (sarà questa la vera punizione) e subiranno una condanna penale da sei mesi a tre anni di carcere (che potrà trasformarsi in sanzione pecuniaria, però). Ma non è questo che conta davvero, mi pare. Che volete che sia una multa, se si è fatto un lavoro decente?
La trovata del governo che cambia radicalmente le regole del gioco è un'altra. È la punizione economica inflitta all'editore che, per ogni "omesso controllo", potrà subire una sanzione pecuniaria (incarognita nell'ultimo testo) da 64.500 a 465mila euro. Come dire che a chi non tiene la bocca cucita su quel che sa - e che i lettori dovrebbero sapere - costerà milioni di euro all'anno la violazione della "consegna del silenzio", cifre ragguardevoli e, in molti casi, insostenibili per un settore che non è in buona salute.
L'innovazione legislativa - l'abbiamo già scritto - sposta in modo subdolo e decisivo la linea del conflitto. Era esterna e impegnava alla luce del sole la redazione, l'autorità giudiziaria, i lettori. Diventa interna e vede a confronto, in una stanza chiusa, le redazioni e le proprietà editoriali. La trovata trasferisce il conflitto nel giornale. L'editore ha ora un suo interesse autonomo a far sì che il giornale non pubblichi più quelle cronache. Si portano così le proprietà a intervenire direttamente nei contenuti del lavoro redazionale. Le si sollecita, volente o nolente, a occuparsi della materia informativa vera e propria, sindacando gli atti dei giornalisti. Il governo, nel progetto inviato al Parlamento, pretende addirittura che l'editore debba adottare "misure idonee a favorire lo svolgimento dell'attività giornalistica nel rispetto della legge e a scoprire ed a eliminare tempestivamente situazioni di rischio". È evidente che solo attraverso un controllo continuativo e molto interno dell'attività giornalistica è possibile "scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio". Di fatto, l'editore viene invitato a entrare nel lavoro giornalistico e a esprimere un sindacato a propria tutela.
Ecco dunque i frutti intossicati della legge che oggi sarà approvata, senza alcuna discussione, a Montecitorio: la magistratura avrà meno strumenti per proteggere il Paese dal crimine e gli individui dall'insicurezza quotidiana; si castigano i giornalisti che non tengono il becco chiuso anche se sanno come vanno le cose; si punisce l'editore spingendolo a mettere le mani nella fattura del giornale. E quel che conta di più, voi - cari lettori - non conoscerete più (se non a babbo morto) le storie che spiegano il Paese, i comportamenti degli uomini che lo governano, i dispositivi che decidono delle vostre stesse vite. Sono le nuove regole di una "ricreazione" che non finisce mai.

martedì 9 giugno 2009

Vogliono imbavagliare anche internet

Ricevo e inoltro:

È passato l’emendamento D’Alia.

L ‘attacco finale alla democrazia è iniziato!
Berlusconi e i suoi sferrano il colpo definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.
Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l ‘obbligo di denuncia per i medici dei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC), è stato introdotto l’articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”. Il testo la prossima settimana approderà alla Camera. E nel testo approdato alla Camera l’articolo è diventato il n. 60. Anche se il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della “Casta” che non vuole scollarsi dal potere.
In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo. Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all’estero. Il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine. L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali. Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta con questa legge? Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, il blog di Beppe Grillo e tutta l’informazione libera che viaggia in rete e che nel nostro Paese è ormai l’unica fonte informativa non censurata. Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo, dove una media company, Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube. Vi rendete conto? Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia che vede un’impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario e d’interessi. Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.
Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet? Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l’Italia come la Cina e la Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata Punto Informatico.
Fate girare questa notizia il più possibile. È ora di svegliare le coscienze addormentate degli italiani. È in gioco davvero la democrazia!!!

lunedì 8 giugno 2009

Niente fischi all’imperatore

Tratto da Sito http://iogiocopulito.it/
Per il premier Silvio Berlusconi a Firenze solo applausi e ovazioni dai 2500 fan in delirio che hanno potuto assistere su schermo gigante all’incoronazione del candidato a sindaco Giovanni Galli, avvenuta nell’albergo davanti a una piazza Ognissanti blindata.Come mostra un video su You Tube (ovviamente ignorato dai telegiornali) per accedere alla piazza erano necessari requisiti di estrema devozione all’imperatore, anche se è molto difficile capire da cosa questi requisiti potevano esser manifestati: taglio di capelli? Vestiti? Volto minaccioso e antiberlusconiano o meno? O forse la tessera del Pdl, come riportano alcuni giornali nelle pagine fiorentine?A svolgere il ruolo di selezionatori, sotto l’occhio vigile degli agenti di polizia, c’erano noti esponenti politici fiorentini, come il senatore Achille Totaro e il giovane consigliere comunale Giovanni Donzelli. Si vede proprio Donzelli alla fine del video, mentre rivela i criteri di scelta per l’accesso alla piazza: “Qual è il problema? Volete andare a vedere Berlusconi perché lo volete applaudire? No? E allora…”. Insomma, meglio che neppure il maxischermo possa esser fischiato e contestato, per non parlare dell’eventualità che nel breve tragitto fra l’automobile e la porta dell’albergo arrivasse all’orecchio dell’imperatore qualche insulto. E’ questione di buona educazione e i sudditi fiorentini del Pdl ci tengono molto a quanto pare.A Prato poche ore dopo è successo anche di peggio, con cariche di poliziotti e carabinieri contro ragazze e ragazzi colpevoli soltanto di brandire qualche striscione non inneggiante all’imperatore. Il dissenso non è più ammesso o almeno non così vicino alle telecamere, un po’ più in là si può ancora.

Giampiero Calapà